Rozzano, 15 ottobre 2024 – “Mio padre era incredulo, secondo me: come ci rimani quando pensi che un figlio di 19 anni uccide una persona? Quella mattina gliel’ho detto che ero stato io, ma lui non ci credeva”, e poi “non riusciva ad accettarlo”. Daniele Rezza, rispondendo alle domande del gip Domenico Santoro, ha confermato di aver raccontato al padre di aver ucciso una persona, Manuel Mastrapasqua, perché “volevo prendergli tutto per rivenderlo”.
Il racconto, i racconti
E l’uomo, particolare che emerge dai verbali, venerdì lo avrebbe anche accompagnato da Rozzano a Cermenate, nel Comasco, dove Rezza ha incontrato un gruppo di amici. “A questi ragazzi – ha spiegato al gip – ho detto tutto quello che era accaduto. Io volevo già andare a costituirmi la sera stessa, ma i miei genitori ancora non ci credevano. Prima di costituirmi volevo salutare i miei amici”.
Il padre, poi, sarebbe andato a riprenderlo a Cermenate e “durante il tragitto non abbiamo parlato. La mattina del 12 ottobre ho deciso di scappare, non volevo più costituirmi. Allora sono andato alla stazione di Pieve Emanuele accompagnato da mio padre. Il giorno prima, dopo l’accoltellamento, avevo detto a mio padre di buttare le cuffie”.
La convalida del fermo
Un racconto messo a verbale nel corso dell’interrogatorio di garanzia, davanti al gip che ieri sera ha convalidato il fermo e ha disposto la custodia cautelare in carcere. Il “mattino successivo” all’omicidio, ossia venerdì mattina, quando il padre “aveva appreso dai media” dell’uccisione di quella notte a Rozzano e “aveva iniziato a nutrire qualche dubbio sulla responsabilità del figlio”, quest’ultimo “gli ha reso una parziale ammissione e lo ha invitato a disfarsi delle cuffie sottratte al Mastrapasqua”, evidenzia il gip nell’ordinanza.
Cuffie che sono state trovate dai carabinieri in un cestino della spazzatura, dove il padre di Daniele, “su indicazione del figlio, aveva provato ad occultarle”.
La questione favoreggiamento
La Procura di Milano ha valutato attentamente anche la posizione dei genitori del giovane che ha ucciso con una coltellata Manuel Mastrapasqua per rapinarlo di un paio di cuffiette wireless: allo stato non sono indagati, nonostante il loro comportamento.
Non si può configurare, infatti, il reato di favoreggiamento proprio perché sono parenti stretti del ragazzo. Secondo l’articolo 384 del Codice penale, infatti, “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”. Non punibilità che vale, quindi, per i reati come quelli di favoreggiamento personale, omessa denuncia, omesso referto, rifiuto di uffici legalmente dovuti, autocalunnia, falsa testimonianza, falsa perizia o frode processuale.
Un perimetro stretto da cui non si può uscire, spiega una fonte giudiziaria, se non in casi eccezionali come quelli legati al reato di associazione mafiosa. Una materia che è finita anche al centro di diverse sentenze della Cassazione, per dirimere questioni giuridiche come, ad esempio, la posizione di persone che hanno nascosto in casa parenti latitanti.
La fuga senza soldi
Nel primo interrogatorio, davanti ai carabinieri e al pm Maria Letizia Mocciaro, il 19enne aveva spiegato di essere rientrato in casa dopo aver ucciso Manuel, di aver incontrato il padre e di aver confessato all’uomo l’accaduto solo la mattina successiva.
Il suo intento, secondo quanto ha dichiarato a investigatori e inquirenti, era quello di raggiungere Torino e da lì prendere un mezzo della compagnia Flixbus per andare all’estero. Una fuga con “10 euro in tasca e 250/300 euro sul conto corrente” che ha avuto vita breve, perché Rezza è crollato durante un controllo della Polfer: “Mi sentivo un peso”.
Il gip, nell’ordinanza, evidenzia il concreto pericolo di fuga e di reiterazione del reato, riconoscendo anche l’aggravante dei futili motivi per un “impuso così sproporzionato rispetto alla gravità dell’azione”. Rezza ha spiegato di aver saputo “da TikTok” di aver ucciso un uomo: “Non è stato un granché, mi sentivo vuoto. Ho tolto la vita a un cristiano”.