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Dario Ballantini e Milano: "I miei contratti e la gavetta infinita. Ma qui vinci se te lo meriti"

L'artista livornese, imitatore di grandi talenti, racconta il suo rapporto con il capoluogo lombardo dove approdò per lavorare. Il suo amore? Viale Regina Giovanna di Massimiliano Chiavarone

Dario Ballantini a Milano

Milano, 15 marzo 2015 - «Milano è la città del realismo. E’ una combinazione tra lo sforzo di essere franchi e quello di riconoscere il merito». Lo racconta l’artista livornese Dario Ballantini. «I milanesi non ti intortano. E poi non sono neanche così freddi. Chi non lo riconosce forse non ama la chiarezza».

Ballantini che succede? Fulminato sulla via di Milano? «Ma è la realtà. Milano mi rivelò che potevo fare questo lavoro quando vinsi nel 1989 il concorso Star 90 indetto da Rete 4. In giuria c’era Antonio Ricci. Convinsi lui e gli altri con le mie imitazioni dei talenti milanesi Enzo Jannacci e Dario Fo».

Si mise sul mercato? «Sì, venni a Milano per lavorare nei locali. Avevo ingaggi che duravano una settimana, se andavo bene mi rinnovavano l’impegno per altri sette giorni. Le mie prime performance furono in un locale di Piazza Castello, si chiamava “Burlesque”. Era il 1991. Qualche giorno dopo una mia serata, il “Corriere della Sera” mi dedicò un articolo. Subito pensai che avevo ragione a insistere con la qualità ed ero nella città giusta perché Milano riconosce il merito».

Gavetta finita? «Magari. Andai a bussare alla porta di Ricci. A “Striscia” mi presero per fare le imitazioni tra cui Dario Fo. Era il 1994. Il periodo pesante durò quattro anni: andavo in tv ma non muovevo gli ascolti. Stavo a Milano 2 e dormivo in casa degli autori, tra cui Lorenzo Beccati, Gennaro Ventimiglia e Max Greggio, che a turno mi offrivano ospitalità».  

E poi nella sua vita irrompe Valentino? «Sulla soglia di un totale fallimento. Era il 1998, pensavo di mollare e fare il  truccatore. Nacque, invece, l’idea di imitare Valentino, ma mandandolo per strada ad affrontare situazioni inedite e imprevedibili».

Nasce lo stilista situazionista? «Sì e Milano è il suo reame. Gli aneddoti durante le sfilate milanesi non si contano. Calvin Klein mi scambiò per il Valentino autentico, Roberto Cavalli mi voleva fisso ai suoi défilé tanto che una volta lo presi perfino in braccio. Sono andato anche da Armani. Solo Donatella Versace non mi ha voluto. Il successo è dovuto alla presenza dell’imitazione vivente, non si era mai visto che un attore mantenesse il personaggio di tutto punto  passeggiando per strada».

Milano la aspettava a braccia aperte? «Certo, mi sono trasferito qui nel 2001 e da subito è stato amore per viale Regina Giovanna».

La sua strada preferita? «Di più, il mio habitat naturale. In Regina Giovanna ho fissato il mio quartier generale con il mio manager Massimo Licinio. Questa strada mi piace perché è ben collegata al centro e con Milano 2. E’ larga e contornata da palazzi eleganti e retrò. E poi vuoi mettere il fascino del tram che l’attraversa? Milano sa conservare le cose che funzionano, proprio come i tram: sono veicoli che non inquinano e dal design storico. E’ inutile inventare qualcosa di nuovo per sostituirli».

Il regalo più bello che le ha fatto Milano? La festa alla Bovisa nel 2009 per i miei 25 anni di attività, tra tv e pittura,  organizzata da Davide Rampello, allora Presidente della Triennale. C’era anche una mostra con i miei lavori e intervenne Lucio Dalla che cantò dal vivo. E’ sempre stato il mio idolo e vidi realizzare un sogno.

Milano ha rimesso in moto anche la sua creatività pittorica? «Sì. Dopo gli studi e le prime esperienze come pittore, avevo smesso. Ho deciso di rimettermi in gioco a Milano nel 2001. Ma volevo avere il parere di un critico di vaglia. Chiesi consiglio a Marta Marzotto che mi mise in contatto con Giancarlo Vigorelli. Lui dopo aver visto i miei lavori ne scrisse benissimo parlando di “caso unico in Italia di esempio di Cubo-Futurismo”. Da allora non mi sono più fermato. La mia ultima mostra sempre a Milano alla Galleria San Carlo, in via Sant’Agnese, fino al 2 aprile»

Il suo regalo a Milano? «Vorrei rivitalizzare i quartieri dipingendo murales su palazzi e fabbricati i cui proprietari me ne faranno richiesta».

di Massimiliano Chiavarone

mchiavarone@yahoo.it