
Da sinistra, Angelito Acob Manansala e Dawda Bandeh
Milano, 22 aprile 2025 – È entrato in Italia da minore straniero non accompagnato nel 2011, quando aveva 15 anni. Dal 2015 ha un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, formalmente per un impiego da domestico, anche se le informazioni attuali dicono che si tratta di un nullafacente. Ha un domicilio a Bulgarograsso, in provincia di Como, ma non risulta che ci viva: lui stesso si è dichiarato senza fissa dimora sabato 19 aprile 2025, quando gli agenti delle Volanti lo hanno denunciato per il furto di un ombrello e di un paio di jeans dal balcone di un appartamento di via Crema.
L'identikit dell'assassino
È il profilo da fantasma di Dawda Bandeh, il ventottenne gambiano fermato la sera di Pasqua dai poliziotti dell'Upg, d'intesa col pm di turno Andrea Zanoncelli, con l'accusa di aver strangolato Angelito Acob Manansala, sessantunenne filippino che lavorava come domestico nella villetta liberty all'angolo tra via Massena e via Randaccio. Prima di sabato, l'unico precedente in banca dati era datato febbraio 2019 e riguardava una guida in stato di ebbrezza; a seguito di quella violazione al Codice della strada, gli era stata ritirata la patente di guida italiana che aveva conseguito in passato.
La personalità borderline
Non risulta agli atti che Bandeh sia mai stato ricoverato per problemi mentali né che abbia seguito percorsi di assistenza per disagi di natura psichica, sebbene il suo comportamento lasci chiaramente pensare a una personalità borderline. Basti dire che dopo aver ucciso Manansala è rimasto in casa per diverse ore, invece di scappare come avrebbe fatto chiunque altro dopo aver compiuto un omicidio. Le tracce sulla scena del crimine fanno ipotizzare che abbia cercato del cibo nell'appartamento al piano rialzato del civico 8.
Il domestico ha lottato col killer

Stando a quanto emerso finora, Bandeh sarebbe entrato nell'appartamento dalla porta posteriore, quella che affaccia sul giardino e che si trova in cima a una piccola scalinata con balconcino. Avrebbe scavalcato il muro di cinta alto due metri dopo aver notato che il domestico era uscito di casa con i cani che stava accudendo nel weekend. Al ritorno a casa, Manansala è stato aggredito: secondo le prime informazioni, avrebbe lottato con il suo assassino, che però è riuscito a mettergli le mani al collo e a strangolarlo.
Il rientro del padrone di casa
Attorno alle 18, l'affittuario della villetta, un cinquantaduenne israeliano rappresentante di spicco di un'istituzione che raccoglie fondi per il governo di Tel Aviv, è rientrato con la figlia dopo una settimana di ferie fuori città. In una delle camere da letto, c'era il cadavere del domestico, anche se inizialmente padre e figlia non si sono accorti che era morto. Poi hanno visto una sagoma in un'altra stanza, sono usciti di corsa e hanno chiuso la porta a chiave. A quel punto, è scattata la chiamata al 112.
Il fermo
Gli agenti dell'Upg sono entrati dal retro con l'aiuto dei vigili del fuoco e sono stati subito aggrediti da Bandeh: per immobilizzarlo, è stato necessario l'utilizzo del taser di ordinanza. Dopo un passaggio di prassi al pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli, il ventottenne è stato fermato e portato in carcere a San Vittore. Mercoledì 23 aprile è in programma l'interrogatorio di convalida davanti al gip.