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Pm chiede perizia psichiatrica per Dawda Bandeh, l’autopsia conferma: Angelito colpito col bastone di una scopa. Resta una domanda ancora senza risposta

Milano, delitto all’Arco della Pace, il 28enne di origini gambiane è stato fermato la sera di Pasqua con l’accusa di aver ucciso il collaboratore domestico di 61 anni, nell'abitazione in via Randaccio

Pm chiede perizia psichiatrica per Dawda Bandeh, l’autopsia conferma: Angelito colpito col bastone di una scopa. Resta una domanda ancora senza risposta

Milano, 28 aprile 2025 – Il pm di Milano Andrea Zanoncelli chiederà una perizia psichiatrica per Dawa Bandeh, il 28enne di origini gambiane fermato la sera di Pasqua con l’accusa di aver ucciso il collaboratore domestico Angelito Acob Manansala, 61 anni, nell'abitazione in via Randaccio (a due passi dall’Arco della Pace) nella quale si era intrufolato quella mattina. Ammettendo davanti al gip di aver fatto colazione e di essersi lavato all'interno della casa, approfittando dell'assenza dei proprietari, il 28enne non ha invece raccontato nulla riguardo alla vittima. Contro il giovane, detenuto a San Vittore, ci sono le immagini della telecamere che inquadra l'ingresso della villa liberty, ma anche le conferme che arrivano dall'autopsia: la vittima è stata colpita con una mazza di scopa, bastone che si è rotto lasciando dei segni evidenti. Le impronte lasciate sul bastone saranno comparate con quelle del ventottenne. Perché Dawda Bandeh non sia scappato resta, al momento, una domanda senza risposta.

La versione del 28enne: “Ero disorientato”

“Quel giorno sono uscito dalla polizia (in realtà dalla caserma Montebello dei carabinieri, che dista circa 300 metri da via Randaccio 8, ndr), ho attraversato un ponte, ho visto questa casa dove ho scavalcato e sono entrato perché la porta dietro era aperta. Sono andato in cucina, ho mangiato qualcosa, ho dormito in un letto. Sono entrato da dietro. Sono entrato in cucina, ho mangiato delle fragole, del pane e della marmellata. Ho bevuto acqua e caffè, ho fatto una doccia e mi sono messo a dormire. Mi avranno fermato 5, 6, 7 volte i carabinieri o la polizia, ma non si capiva niente: ero disorientato”, la sua versione.

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“Ho visto la pianta a terra, non la persona morta”

E l’aggressione letale a Manansala? Tra un “non ricordo” e l’altro, Bandeh ha messo a verbale: “La prima stanza che ho visto era il salotto. C’era una pianta a terra e basta. Ho visto la pianta a terra, ma non la persona morta. C’era una statua di legno, sono andato avanti e ho girato a destra perché avevo fame, ho subito pensato a mangiare perché non mangiavo da diversi giorni. Quando mi sono svegliato, ho fatto il giro della casa e ho visto quest’uomo nella stanza sulla sinistra”. Di ricostruzione "priva di verosimiglianza e di coerenza logica" ha parlato il gip nel suo provvedimento, che ha ritenuto non credibile pure il passaggio in cui Bandeh ha ammesso di aver notato la pianta caduta a terra e la scopa in pezzi, "senza accorgersi del corpo dell’uomo riverso in terra". Per il giudice è invece “ragionevole ritenere che l’omicidio si sia verificato” poco dopo il rientro a casa di Manansala.