CHIARA ARCESI
Cronaca

Philippe Starck, vita da star del design: “L’inventiva viene dai sogni, mi sveglio esausto. Io sono la stampante del mio subconscio”

Salone del Mobile e Fuorisalone a Milano, a Brera l’opera contro la guerra: "Noi creativi possiamo far poco, ma poco è più di niente. Mentre dormo lavoro. Spesso mi chiedo se la mia vita reale sia di giorno o di notte"

Philippe Starck è un architetto e designer francese, ha 76 anni

Philippe Starck è un architetto e designer francese, ha 76 anni

Milano – "Il design non può creare la vita o salvarla, ma se fatto con onestà può contribuire a migliorarla. Quando si ha il privilegio di avere alcune idee e l’onore di avere voce in capitolo, si ha l’obbligo morale di usarle", dice il designer Philippe Starck, che nella settimana del Salone ha presentato l’opera “War Flags” nell’Orto botanico della Biblioteca Braidense a Brera alla presenza, tra gli altri, dell’amministrazione comunale e di Gilda Bojardi. Le “Bandiere di guerra” del visionario francese evocano un possibile conflitto che incombe sul mondo. Metafora politica e, forse, primo atto per iniziare a reagire: "Non possiamo fare molto; solo poco, ma sarà più di niente".

Come è nata la sua passione per l’architettura e il design? "Non ho mai avuto una passione per il design e l’architettura perché non ho scelto il design; il design ha scelto me".

Sin da bambino? "Mio padre era un ingegnere aeronautico che creava aeroplani e altre invenzioni altamente tecniche. Ho passato il mio tempo a guardarlo disegnare, così la creatività industriale è diventata parte integrante del mio dna. Quando ho iniziato a lavorare nel design non esisteva nemmeno in Francia: era incredibilmente impegnativo. Infatti, non ho iniziato a guadagnarmi da vivere fino all’età di 43 anni; prima di allora, nessuno voleva i miei disegni. Inoltre, non ho mai disegnato solo per il gusto di disegnare. Ho sempre creduto che ogni prodotto dovesse avere una ragione legittima di esistere. Prima del prodotto c’è un progetto, prima del progetto c’è un’etica e prima dell’etica c’è una filosofia che evolve in una visione: creare un prodotto o uno spazio, in anticipo sui tempi, onesto, senza tempo, ergonomico, economico, ecologico e il più sostenibile possibile".

Philippe Starck con i componenti di un tavolino realizzato con altri nove arredi per Andreu World
Philippe Starck con i componenti di un tavolino realizzato con altri nove arredi per Andreu World

Quando la svolta che l’ha resa uno dei creatori più rinomati sulla scena internazionale?

"Non esiste un unico punto di svolta. La mia visione è rimasta costante: la creazione, in qualunque forma, migliora la vita di quante più persone possibile. Il mio lavoro inizia con un’intuizione, una voglia di creare, un’idea. Da lì, prendo i parametri, li regolo finché non si allineano e do loro vita. Quando produci lavori originali, intelligenti e unici, designer ed editori da altri Paesi prendono nota. Non sei tu che scegli di avere una carriera internazionale; se fai bene il tuo lavoro e continui, il mondo ti tende la mano. Se fai bene il tuo lavoro e continui".

Come stanno cambiando l’architettura e il design?

"Il design nasce nel XIX secolo, in un’epoca incentrata sulla materialità, per rendere la materia più bella e sopportabile. Questo approccio è stato successivamente cooptato a scopo di lucro, diventando controproducente. Negli ultimi trent’anni, i designer hanno assunto il ruolo di creatori di moda, creare modelli per puro piacere. Oggi c’è una crescente consapevolezza di ciò. Il cambiamento è urgente, soprattutto di fronte alle sfide ecologiche. Abbiamo l’obbligo di progettare prodotti sostenibili. Altrimenti, non c’è progresso, non c’è futuro, non c’è progetto, non c’è vita".

L’inventiva è esercizio o un dono?

"Essendo in qualche modo neurodivergente, ho questa condizione mentale chiamata creatività; posso fare solo alcune cose come creare e guidare una moto. Questa condizione mi ha concesso alcuni vantaggi, come un flusso costante di idee e pensiero veloce. Il mio cervello è come una macchina in costante overdrive, a volte non riesco a tenere il passo. La mia inventiva deriva principalmente dai miei sogni. Quando vado a letto dico a mia moglie che lavorerò, perché mentre dormo viaggio in posti che non ho visto e incontro concetti che non avrei mai immaginato. Respiro aria che non esiste. Mi sveglio esausto, spesso mi chiedo se la mia vita reale sia di giorno o di notte".

Cosa prova quando crea?

"Sono un uomo tranquillo, senza intelligenza accademica. Ma dentro di me c’è un mostro che si chiama “subconscio”, e lavora costantemente su tutto quello che so e che non so. Non rifletto, non lo faccio pensare; questo “subconscio” fornisce risposte a domande che possono essere vecchie di anni e anni, in nemmeno di una frazione di secondo. E la risposta è già completa, devo solo stamparla. In breve, sono una stampante per il mio subconscio. Il mio unico lavoro è garantire la qualità e il livello delle mie cartucce".

Il materiale che la rappresenta? "L’elio: vitale e inarrestabile".

I giovani immersi nella tecnologia sono ancora capaci di inventare? "La tecnologia fa parte della nostra vita tanto quanto l’elettricità. Esistono molte tecnologie inutili e altre che sono diventate vitali. Sta a noi esseri umani essere abbastanza intelligenti, non essere schiavi, ma padroni della tecnologia, selezionando e incoraggiando coloro che creano prodotti onesti, intelligenti e visionari".

Per anni ha creato oggetti contro l’elitarismo del design. Adesso?

"La maggior parte dei progetti cui lavoro sono pensati per essere utili nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, di tanto in tanto, persone eccezionali come Steve Jobs mi hanno contattato chiedendomi di progettare la loro barca. Un tesoro di innovazione che posso immediatamente applicare al design democratico. La chiamo “strategia di Robin Hood”: utilizzo queste opportunità per poi applicare la mia esperienza avvantaggiando il maggior numero di persone. Guardando indietro, credo di aver quasi raggiunto il mio obiettivo col design democratico: chiunque ora può permettersi una sedia di qualità ad un prezzo ragionevole. La prossima sfida è un’architettura democratica: creare case che non costino più di un’auto, grazie all’industrializzazione, alla prefabbricazione e alla costruzione modulare".