Ivano
Zoppi*
Gli atti di autolesionismo di cui sempre più spesso sentiamo parlare confermano il vuoto emotivo della Generazione Z. L’ultima moda che imperversa sui social si chiama “Cicatrice francese”: si tratta di simulare gli effetti di una colluttazione tramite pressioni, sfregamenti e graffi sotto un occhio, nella parte più alta della guancia. Una volta che il volto si presenta con una striscia o comunque un segno rosso o violaceo ben distinguibile, i ragazzi e le ragazze che aderiscono a questa prova si sentono parte di un gruppo, forti di un’esperienza che li accomuna. Una sorta di protesta che li vede “lottatori inascoltati” in una società che non sentono propria e in un quotidiano che non li rappresenta. Una pratica diventata virale, raccontata dai giornali e al centro di un recente appello della Polizia postale. Il rischio è che si possa replicare un vortice emulativo simile a quello che abbiamo dovuto gestire qualche anno fa durante il boom della blue whale. Quella psicosi, sospinta dalla rilevanza mediatica, rappresenta un potente diversivo rispetto ad altri fenomeni che, negli anni a venire, avrebbero comportato dei rischi ancora più concreti per le nuove generazioni. Parliamo delle challenge estreme, dall’auto soffocamento ai selfie estremi in cima ai palazzi o sul ciglio dei burroni. Stiamo ricevendo molte domande da parte di genitori e docenti preoccupati, ma, al di là di qualche caso, comunque da non sottovalutare, il fenomeno è molto circoscritto. La “cicatrice francese”, piuttosto, racconta una ricerca di identità e una volontà di autoaffermazione che i più giovani non riescono a declinare sul piano delle relazioni autentiche. “L’ho visto sui social e l’ho fatto perché è figo e ci stava provarlo…, tanto mica moriamo, alla fine ognuno è libero di fare quello che vuole“. Questa è una delle testimonianze che abbiamo raccolte da ragazzi, poco più che 12enni, alla ricerca di emozioni artificiali e, pertanto, pronti ad emulare i comportamenti più disparati. In generale il mondo adulto fa i propri interessi, senza curarsi delle conseguenze che gravano sui minori, in balia di un deserto emotivo alimentato dalla nostra pigrizia e noncuranza. Andiamoli a prendere e accompagniamoli alla scoperta del mondo, online come offline, senza deleghe o scorciatoie.
*Segretario generale
Fondazione Carolina