ROBERTA RAMPINI
Cronaca

Detenuti al lavoro oltre le sbarre. Dieci anni di imprenditoria in carcere

Compleanno di “Bee 4 altre menti”, è qui che è nata la prima cooperativa per promuovere l’occupazione . Dal call center all’officina per la riparazione dei distributori automatici di caffè, "il modo per ricostruirsi la vita".

Detenuti al lavoro oltre le sbarre. Dieci anni di imprenditoria in carcere

C’è chi lavora al call center e svolge attività di customer care per alcune aziende nel settore dell’energia. Altri invece, quelli dell’officina RiGenera, si occupano della riparazione e rigenerazione di distributori automatici professionali di caffè. Infine nel reparto femminile c’è un laboratorio interamente dedicato ai settori dell’assemblaggio di componentistica e controllo qualità per conto terzi. Sono tutti detenuti e detenute del carcere di Milano Bollate. È qui che dieci anni fa è nata la prima impresa sociale per promuovere il lavoro dietro le sbarre, "Bee 4 altre menti". L’idea era stata di Giuseppe (Pino) Cantatore e Francesco Panzeri. A distanza di dieci anni da quel momento, la cooperativa sociale, oggi, è uno dei principali partner dell’amministrazione penitenziaria a livello nazionale per numero di persone inserite al lavoro all’interno dei luoghi di pena. Dieci anni fa era un progetto di impresa per sua definizione controcorrente: portare lavoro vero, qualificante, capace di promuovere crescita umana e professionale nelle persone all’interno di un luogo di pena. Oggi sono il numero dei detenuti assunti e delle imprese esterne che hanno creduto nella cooperativa, a dire che Pino e Francesco hanno vinto la scommessa. Ieri Bee 4 ha voluto festeggiare questo traguardo raccontandosi, in un convegno. Ma non da sola. Insieme all’amministrazione penitenziaria e alle imprese, House Ambrosetti, Impact International, Eolo Spa, NeN - Gruppo A2A e Sielte Spa. Un circolo virtuoso tra imprese e detenuti. Tra dentro e fuori che contribuisce ad abbassare la recidiva e fa della Lombardia una delle regioni dove il coinvolgimento delle imprese nell’offrire occupazione ai detenuti è triplo rispetto alla media nazionale. "Oggi vogliamo celebrare e rinforzare il modello comunitario di Bollate, attento al lavoro, alle persone e alle sue potenzialità - ha dichiarato il direttore Giorgio Leggieri -. Si raccolgono i risultati dell’impegno di questi anni di operatori, imprese e territorio e si guarda all’orizzonte futuro per rispondere ai nuovi bisogni dei detenuti e della società esterna". Nel carcere modello d’Italia, il lavoro è un tassello qualificante e opportunità di riscatto per tanti. Nell’area industriale del carcere, complessivamente sono 150 i detenuti che lavorano. A questi se ne aggiungono altri 240 che lavorano all’esterno in articolo 21 o semi libertà. E altri 350 che lavorano per l’amministrazione penitenziaria all’interno del carcere. Quando la cooperativa sociale Bee 4 ha iniziato c’era solo un piccolo laboratorio adibito a controllo qualità, nella sezione femminile. Pochi dipendenti. Oggi occupa 100 detenuti che lavorano nell’area industriale del carcere. "La cooperativa sociale è nata da un errore, che è stato fondamentalmente il mio, mi sono ritrovato nel carcere San Vittore a Milano - racconta Pino Cantatore, direttore di Bee 4 - volevo ricostruire la mia vita, la mia dignità attraverso il lavoro. E così ho iniziato, con il primo call center. Poi quando mi hanno trasferito a Bollate ho continuato sulla stessa strada. Noi promuoviamo il lavoro quale strumento per valorizzare il tempo della pena, contribuendo alla costruzione di professionalità e attitudine al lavoro, fattori fondamentali per consentire di cambiare il proprio stile di vita dopo il periodo della detenzione". Il resto è storia recente. Come quando nel 2021 in piena pandemia da Covid la cooperativa sociale grazie alla Fondazione Vismara e al contributo di Regione Lombardia ha portato lo smart working in cella coinvolgendo novanta detenuti al lavoro da remoto con i computer dall’interno del carcere.