Milano – Z.H., diciassette anni da compiere a ottobre, nato in Marocco e residente coi genitori in provincia di Como, era entrato al Beccaria poco più di un mese fa: arrestato a Mozzate per un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Milano per rapina aggravata in concorso. A.F., sedici anni compiuti a gennaio e pure lui residente nel Comasco (dov’è nato) con padre e madre marocchini, ha resistito appena tre giorni: era arrivato martedì nell’istituto minorile, dopo essere stato bloccato a Desenzano del Garda, per scontare un cumulo pene definitivo di un anno e cinque mesi (con fine pena fissato al 17 novembre 2025) e per un’ordinanza di custodia cautelare sempre con l’accusa di rapina.
Ieri pomeriggio, attorno alle 16.35, i due hanno scavalcato prima il muro del cortile passeggi e poi un’altra recinzione, dirigendosi verso gli uffici del Centro giustizia minorile; da lì si sono ritrovati in strada e hanno raggiunto di corsa la fermata più vicina della metropolitana. L’ultimo avvistamento è proprio al capolinea della M1, a Bisceglie. Sono loro due i protagonisti dell’ultima evasione dal Beccaria, al centro di un vortice negativo che non accenna a placarsi.
Prima l’inchiesta della Procura che ha smantellato un presunto sistema di aggressioni e torture messe in atto da alcuni agenti della polizia penitenziaria. Poi le rivolte in rapida successione, placate solo dall’intervento della polizia. Ora la fuga di due baby detenuti, che sono riusciti a eludere la sorveglianza e a sparire nel nulla. Il direttore del carcere Claudio Ferrari ha subito diramato l’allarme a tutte le forze dell’ordine: i due sono ricercati da poliziotti, carabinieri e finanzieri, che hanno in macchina le loro foto segnaletiche; allertata anche la Polfer, nel caso i due decidano di recarsi in uno degli scali ferroviari cittadini per prendere un treno e allontanarsi da Milano.
I primi accertamenti degli investigatori della penitenziaria si sono concentrati sulle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza installate all’interno della fermata del metrò, che potrebbero aver ripreso il momento in cui sono saliti su un convoglio al capolinea della rossa.
Intanto l’istituto penale minorile Beccaria torna al centro di una bufera dalla quale, in realtà, raramente era emerso negli ultimi diciotto mesi, a partire dalla clamorosa evasione del Natale 2022: il pomeriggio del 25 dicembre sette baby detenuti tra i 17 e i 19 anni, anche loro in carcere per furti e rapine, riuscirono a scappare dal campo di calcio sempre del “cortile passeggi“, aprendosi un varco attraverso il cantiere della ristrutturazione. Tre rientrarono in carcere dopo poche ore, anche grazie all’intercessione dei parenti, un altro fu ritrovato due giorni dopo in piazza a Sesto San Giovanni (era con un gruppo di ragazzi che stavano facendo un video per Tik Tok), il quinto si presentò in Questura a Milano l’indomani e gli ultimi due furono acciuffati il giorno successivo a Triuggio in Brianza, a casa di un amico pregiudicato: gli agenti della Penitenziaria li trovarono che giocavano con gli smartphone sul divano.
Ma nessuno riuscì davvero a riportare la calma al Beccaria, e a una prima protesta scatenata da altri giovani detenuti con l’incendio di alcuni materassi subito dopo l’evasione seguì, un mese dopo, il tentativo d’una decina di reclusi di forzare lo sbarramento di un braccio dell’istituto per raggiungere una fazione rivale.
Dietro le mura accidentate del Beccaria covava però molto di più: la bomba è deflagrata lo scorso aprile, con l’arresto di 13 agenti della Polizia penitenziaria e la sospensione di altri 8, accusati di aver inflitto botte e vere torture a baby detenuti. Le vittime, inizialmente otto, potrebbero essere una trentina. La Procura ha ipotizzato l’esistenza di un vero “sistema“. Nel frattempo al minorile sono partite altre due rivolte: il 6 maggio e di nuovo il 29, quando cinquanta detenuti hanno rifiutato per ore di rientrare in cella e hanno richiesto un intervento massiccio della polizia.