Milano, 8 ottobre 2024 – San Vittore: 1.177 detenuti a giugno a fronte di una capienza di 450, più di metà affetti da un disturbo psichico o psichiatrico. Questo numero, impressionante, fa il paio con un altro, spaventoso, citato in un dossier dell’associazione Antigone sull’emergenza nei 17 Istituti penali per minorenni italiani a un anno dal dl “Caivano”: in base a un’inchiesta di Altreconomia in cinque Ipm la “spesa a persona” per l’acquisto di farmaci antipsicotici è aumentata in media del 30% tra il 2021 e il 2022, ma in uno, il Beccaria di Milano, la somministrazione di psicofarmaci è più che triplicata dopo la pandemia (+219 per cento tra il 2020 e il 2022).
Condizioni di salute
Un numero che parla da solo, anche perché quanti siano esattamente i minorenni con disturbi psichici tra le mura di via dei Calchi Taeggi non è stato possibile scoprirlo con un accesso agli atti, dal momento che a quell’età non vengono formulate diagnosi definitive, spiega Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd al Pirellone dove oggi la seduta del Consiglio regionale sarà dedicata all’emergenza carceri in Lombardia.
Ma da altri dati ottenuti dai dem sui penitenziari milanesi è chiaro che la sproporzionata percentuale di detenuti con malattie psichiatriche più o meno importanti sia tra le cause dell’emergenza, già analizzata un anno fa dalle Commissioni Sanità e Carceri del Pirellone ascoltando i sindacalisti dell’Asst Santi Paolo e Carlo che gestisce la sanità penitenziaria nel Milanese.
Gli istituti
A Opera, carcere di massima sicurezza, su 1.368 reclusi a giugno 2024 ben 324 risultavano affetti da un disturbo psichico o psichiatrico. Uno su quattro. La stessa percentuale si registra nel penitenziario “modello“ di Bollate, che a giugno contava 1.381 detenuti di cui 322 con disturbi psichici o psichiatrici.
A San Vittore, che è una casa circondariale, dunque per definizione ospita persone ancora in attesa di giudizio o condannate a pene inferiori ai cinque anni, la percentuale di detenuti con disturbi psichici o psichiatrici è più che doppia: a giugno 581, su un totale di 1.177.
Una situazione ingestibile a prescindere dai numeri sempre risicati della sanità penitenziaria: sette psichiatri di cui due a tempo indeterminato e otto psicologi, due a indeterminato; Opera ha gli stessi psichiatri e due psicologi in meno, Bollate due psichiatri e sette psicologi, il Beccaria uno psichiatra e due psicologi a tempo indeterminato più 4 psicologi a contratto.
“La nuova direzione dell’Asst Santi Paolo e Carlo, in carica dall’inizio dell’anno, si è impegnata in una riorganizzazione mirata a rendere i servizi più funzionali, naturalmente con il personale che ha”, spiega Rozza.
Carenze e tragedie
A San Vittore, il carcere più sovraffollato d’Italia, con una popolazione composta per tre quarti di stranieri, arriva anche chi in prigione proprio non dovrebbe stare. Come Joussef Barsom, che è morto un mese fa a diciott’anni, nell’incendio della cella condivisa con un altro detenuto ora indagato per omicidio colposo.
Il ragazzo egiziano, ex minore non accompagnato, prigioniero in Libia a 15 anni prima di arrivare in Italia su un barcone, era in cella da luglio per una rapina in strada nonostante da minorenne fosse stato assolto da reati simili per vizio totale di mente.
“Non poteva stare in carcere – ha spiegato la sua ex avvocata – ma non c’era posto nelle comunità terapeutiche”. Una terra di mezzo che scoppia quanto i penitenziari italiani dove Ristretti orizzonti, rivista fatta nella Casa circondariale di Padova, ha contato la morte di 183 reclusi dall’inizio dell’anno. Il 40%, ossia 74, certamente suicidi in carcere, sulla strada per superare gli 84 dell’annus horribilis 2022.