Milano, 5 ottobre 2024 – Se l’anno scorso aveva cantato all’Alcatraz, ora è il momento degli Arcimboldi. “Portare questo concerto a Milano significa anche abbracciare un pubblico che mi ha sempre dato molto amore e attenzione e gli Arcimboldi sono un luogo fortemente rappresentativo della proposta culturale di questa città. Credo, infatti, che lo spettacolo assuma un’intenzione, una vibrazione diversa a seconda del teatro che lo ospita, della gente che partecipa. Credo sia fondamentale farsi contaminare dal luogo in cui ci si trova”.
Cambia il luogo e cambia pure lo spirito?
“Ogni canzone che compone questo concerto è dotata di una sua identità ben definita e rappresenta un passo all’interno di un viaggio sensoriale ed emozionale. Mentre fuori tutto brucia è ancor più importante ricordarci di quanto sia fondamentale vivere a stretto contatto con la nostra emotività anziché rifugiarci nella disumanità dell’indifferenza”.
A scorrere il calendario, 17 spettacoli su 21 sono già esauriti.
“Poter incontrare così tante persone in questa mia prima esperienza teatrale mi riempie di gratitudine per la fiducia e l’affetto che hanno deciso di tributarmi. Ecco perché, come ricorda pure il titolo del mio ultimo album (“Ho acceso un fuoco”, ndr), ogni concerto è una specie di rito, di fuoco attorno a cui riunirsi e ritrovarsi per lasciarsi guidare dall’energia che nasce dall’incontro tra anime consapevoli e vibranti. La colonna sonora di un momento. Un gran bel momento”.
Che idea c’è dietro questa sua nuova esperienza live?
“Quella di combinare fra loro due arti sorelle quali musica e teatro. Tutto con la direzione di Filippo Ferraresi, cresciuto alla scuola di grandi registi quali Romeo Castellucci o Franco Dragone con cui ha lavorato a produzioni internazionali di successo in Europa, Cina e Stati Uniti”.
Nello spettacolo ci sono pure canzoni scritte per il grande schermo. Su tre candidature al David di Donatello ha centrato due statuette, più il Premio Amnesty International. Che effetto le fanno certi riconoscimenti?
“Per uno cresciuto, anche musicalmente, ascoltando le sensazioni che il cinema gli muove dentro è una grossa soddisfazione. Il David per “La mia terra”, colonna sonora del film di Michele Riondino “Palazzina Laf”, mi ha riempito di felicità. Pure quello a “Che vita meravigliosa’ per “La dea fortuna” di Ferzan Özpetek, ovvio, ma qui il coinvolgimento personale nelle vicende e nel futuro di una terra in sofferenza come quella tarantina era fortissimo”.
Ma cos’è oggi la musica per uno come lei?
“A costo di sembrare banale, scontato, dico che per me la musica è ancora un atto rivoluzionario. Con la sua forza emotiva, narrativa, l’arte più aggregante che ci sia”.