Negati i diritti fondamentali dei migranti, rigettate quindi, dal gup Mattia Fiorentini, le richieste di patteggiamento a un anno e 8 mesi per Alessandro Forlenza, l’amministratore di fatto della società Martinina che gestiva il Cpr di via Corelli, imputato di turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture per irregolarità nell’aggiudicazione e nell’esecuzione dell’appalto bandito dalla prefettura. Nell’udienza preliminare, aggiornata al 14 marzo, entrano come parti civili 4 migranti ospiti del centro, varie associazioni, tra cui il Naga, BeFree, l’Asgi e l’Arci nazionale, e il ministero dell’Interno. Per il solo Naga, assistito dall’avvocato Eugenio Losco, il pm Paolo Storari aveva chiesto l’esclusione. Lo stesso giudice ha respinto anche il patteggiamento proposto per la società. L’altra imputata, Consiglia Caruso, madre di Forlenza, non aveva chiesto riti alternativi. Il procedimento per le accuse di frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta è scaturito dalle indagini dei pm Paolo Storari e Giovanna Cavalleri e del Nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza, che avevano documentato le condizioni "disumane" e "infernali" in cui erano trattenuti i migranti, quando il Cpr, sulla base di un bando della Prefettura, era gestito dalla Martinina.
Nell’udienza preliminare erano già entrati come parti civili due migranti e ieri se ne sono aggiunti altri due, assieme, poi, alle associazioni Naga e BeFree, alla Asgi, associazione studi giuridici sull’immigrazione, l’Arci e il Ministero dell’Interno. Il giudice ha respinto le richieste di patteggiamento per Forlenza, a un anno e 8 mesi, e per la Martinina, a 15mila euro di sanzione pecuniaria con interdizione dal contrattare con la pubblica amministrazione per 20 mesi. Pene troppo basse, secondo il giudice, data la gravità dei fatti contestati. Tra i legali di parte civile gli avvocati Eugenio Losco, Maria Pia Cecere, Carla Quinto, Enrico Belloli e Francesco Romeo. L’udienza preliminare per tutti gli imputati andrà avanti il 10 marzo. Il giudice ha evidenziato che nell’istanza di patteggiamento di Forlenza non erano "giustificabili le attenuanti generiche" dato il "pericolo" che avevano vissuto "gli ospiti" e "la gravità della condotta". Oltre alla "mancata restituzione, nemmeno parziale, del profitto dei reati pur a fronte di ingenti somme di cui gli imputati si sarebbero appropriati", stando alle indagini, e ai presunti falsi commessi "per l’aggiudicazione della gara d’appalto".
In più, Forlenza avrebbe usato "l’anziana madre", ossia l’imputata Caruso, come "testa di legno nell’amministrazione della società" per nascondere "il suo ruolo ricoperto nella gestione del centro". Forlenza, inoltre, da imputazioni avrebbe truccato anche gare indette da altre prefetture. E non poteva patteggiare ad una "pena sospesa", anche considerando che "è già stato destinatario da parte del giudice per le indagini preliminari di Potenza di una misura cautelare personale" per frode in pubbliche forniture, dimostrando che "opera nel settore sempre con le stesse modalità ormai da parecchi anni".