Milano – Partecipata, colorata, ballata e... arrabbiata ovviamente. Così è stata la manifestazione delle associazioni della disabilità tenutasi ieri mattina sotto Palazzo Lombardia, sede della Regione. "Partecipata" perché le associazioni che vi hanno aderito sono state un centinaio. Ma non solo: in piazza c’erano i sindaci o gli assessori al Welfare di diversi Comuni, compreso l’assessore milanese Lamberto Bertolè, e una nutrita rappresentanza dei partiti di opposizione in Consiglio regionale: dal Pd al M5S, passando per il Patto Civico e Alleanza Verdi Sinistra. "Colorata" e "ballata" grazie alle ragazze e ai ragazzi di Ugualmente Artisti, che con le loro magliette verdi e le loro danze hanno animato piazza Città di Lombardia.
"Arrabbiata", certo, perché le due delibere licenziate dalla Giunta lombarda non piace e continua a non piacere: "Questa protesta – ha sottolineato Fortunato Nicoletti, vicepresidente di “Nessuno è Escluso” – non è nata ieri, non finirà domani e non sarà limitata alla sola Lombardia: in altre regioni accadrà lo stesso".
Diversi i rappresentanti delle associazioni e i caregiver che hanno preso la parola in piazza: da Raffaella Polverino, vicepresidente di Abilità Diverse, a Cristina Finazzi, portavoce del comitato lombardo “Uniti per l’autismo“, da Teresa Bellini, referente lombarda di Confad (Coordinamento nazionale famiglie con disabilità) a Leonardo Cardo, attivista ed “ambassador” della disabilità e dell’inclusione.
Tutti hanno sottolineato le ragioni per le quali chiedono il ritiro delle ultime due delibere regionali sui fondi per il sostegno ai caregiver famigliari e alle persone con disabilità gravissima e grave. La prima: il taglio di alcuni contributi mensili previsti dalla misura B1, proprio quella dedicata alla gravissima disabilità. La seconda: l’utilizzo di fondi regionali da sempre riservati ai caregiver famigliari per attenuare i tagli di cui sopra, scelta che viene vissuta come una beffa. La terza: le due delibere regionali, la prima così come quella correttiva, violano la libertà di scelta delle famiglie con disabilità perché impongono una riduzione dell’assistenza indiretta (vale a dire: una riduzione dei contributi economici) in cambio di un potenziamento dell’assistenza domiciliare diretta. La quarta: tale potenziamento dovrebbe diventare realtà dal primo giugno ma ad oggi lo stato reale dei servizi domiciliari per la disabilità non è cambiato, resta carente e inadeguato. La quinta ragione, non meno importante, riguarda le liste d’attesa per l’accesso alla B1: a detta della Regione le risorse sono insufficienti quindi buona parte delle domande in arrivo tra marzo e ottobre 2024 rischia di restare in sospeso. “Ma la disabilità – hanno urlato dalla piazza i rappresentanti delle associazioni – non si può mettere in attesa. Parliamo di diritto alla salute, un diritto fondamentale e universale”. Per questo la protesta “non finirà domani”.