di Giambattista Anastasio
È calato il silenzio sulla richiesta avanzata da Lucia Sellitti anche attraverso queste pagine. Dal 9 novembre ad oggi l’“Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità della presidenza del Consiglio dei ministri“ non ha più fornito alcun aggiornamento sui tempi e sui modi con i quali sarebbe stata valutata la richiesta di questa madre. Né sono arrivate risposte quando le si è chieste. A chiedere delucidazioni non è stata solo la stessa Lucia ma anche "Il Giorno", anche chi scrive, con una mail inviata allo stesso Ufficio il 2 dicembre scorso. Non è andata diversamente con il Ministero della Salute, al quale si è scritto già il 15 novembre.
Che la soluzione al problema sollevato da Sellitti potesse non arrivare a breve, è fatto che è stato ovviamente messo in conto. Altro è, però, la totale mancanza di riscontri proprio da parte di chi, il 9 novembre, aveva invece aperto uno spiraglio. Il tema, del resto, è delicato. Il 29 ottobre abbiamo pubblicato sulle nostre pagine la lettera con la quale Lucia avanzava due richieste: che fosse rivista la definizione di disabilità gravissima e che fosse riconosciuto a livello legislativo il ruolo dei caregiver, vale a dire il ruolo di tutti coloro che si occupano a tempo pieno di un figlio o di un proprio caro non autosufficiente.
Francesca, la figlia di Lucia, è affetta da diabete adipsico centrale, diabete mellito di tipo 2 ed è portatrice di altre malattie rare. "Queste complessità – ha sottolineato Lucia nella sua lettera – richiedono assistenza continua che, se interrotta, può portare a gravi complicanze o alla morte". Nonostante questo, nonostante non sia autosufficiente, sua figlia, 30 anni, oggi non è considerata disabile gravissima. Per poter essere considerati tali, come ha spiegato Lucia nella sua missiva, occorre che "sia verificata l’esistenza di almeno una delle condizioni contenute nel Decreto Interministeriale del 26 settembre 2016: coma, stato vegetativo, stato di minima coscienza e altre". Francesca non presenta alcuna di queste condizioni ma, come già sottolineato, ha bisogno di qualcuno che badi a lei tutto il giorno. A provvedervi è Lucia, ovviamente. Da qui la richiesta avanzata nella sua lettera: "L’obiettivo di questa nuova distinzione all’interno delle disabilità (il riferimento è alla distinzione prevista dal già citato decreto del 2016 ndr) era sostenere la permanenza al domicilio di queste persone, garantire risposte eque e omogenee, migliorare la qualità di vita promuovendo un percorso di presa in carico globale, centrato sulla persona e sui familiari. Ma ad oggi – ecco il punto – c’è sempre più la necessità di valutare le disabilità in base all’assistenza che queste richiedono. E la valutazione deve essere fatta caso per caso. La definizione di disabilità gravissima rimanderebbe dunque al concetto di autosufficienza: sarebbe più corretto riferirsi a persone con bisogni complessi e valutare, caso per caso, queste complessità".
Un altro aspetto del problema è quello che si presenta con l’arrivo del caldo: "Mia figlia – ha fatto presente Lucia – è ogni giorno in pericolo di vita e questo rischio aumenta in estate quando fa molto caldo perché lei non trattiene i liquidi. Ma non esiste un protocollo di riferimento per gestire questo tipo di problema che per lei può essere letale". Il 9 novembre, come detto, arriva una risposta scritta da parte dell’“Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità“. A proposito della prima richiesta di Lucia, quella relativa ai criteri che definiscono la disabilità gravissima, l’Ufficio del Governo fa sapere quanto segue: "Siamo riusciti a metterci in contatto con la segreteria del Ministro della Salute. Ci riferiscono che il suo caso è attenzionato dalla competente Direzione per la programmazione sanitaria e che si sta valutando l’inserimento della patologia di sua figlia in uno dei prossimi decreti attuativi della legge Lorenzin ai fini del riconoscimento della stessa come disabilità gravissima". Subito dopo ecco la risposta alla seconda richiesta di Lucia: "L’adozione dello specifico Protocollo emergenza caldo spiegano (dal ministero ndr) che è correlata all’attuazione del decreto di riconoscimento della patologia". Dopo queste poche ma importanti righe datate 9 novembre, il nulla o, meglio, il silenzio totale. Da qui la rabbia di Lucia: "Sono stanca delle prese in giro, perché è mia figlia a farne le spese". Da qui la domanda: a Roma c’è l’intenzione di fare seriamente qualcosa?