Nappo*
Negli ultimi anni, con il potenziamento delle tecnologie informatico-comunicative, si è registrato un aumento di comunicazioni telematiche come email, messaggi su WhatsApp, telefonate da parte dei genitori. Nella scuola, nel nuovo contratto di lavoro, si agisce in modo alquanto determinato sulla tematica del diritto alla disconnessione, ossia si parla di criteri generali per l’impiego di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario differente da quello di servizio per una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Una scelta opportuna poiché, in questo modo si tutela l’ambito familiare dei docenti, cancellando quindi l’invasività del lavoro. Certamente le tecnologie hanno investito in pieno gli insegnanti e la crescita esponenziale dei social, le email e la segreteria digitale hanno concorso ad eliminare in modo non disinteressato la sottile linea che separa la persona come individuo e la persona come lavoratore. Questa perenne reperibilità è diventata una caratteristica propria dell’insegnante. Le nuove tecnologie senza dubbio sono valide ai fini dell’insegnamento ma non devono divenire strumenti per invadere la riservatezza: diventa necessario pertanto garantire il benessere e la dignità dei lavoratori. Diritti che possono essere garantiti concedendo appunto il diritto alla disconnessione. l gruppi WhatsApp non sono uno strumento istituzionale di comunicazione. Ne consegue che la scuola non può essere ritenuta responsabile di eventuali comportamenti illeciti. È sempre il singolo genitore che risponderà per quanto da lui pubblicato. I rischi di uscire dal contesto sono tanti, come ad esempio condividere foto o altri contenuti privati, attivare discussioni su argomenti extrascolastici o non legati alla vita di classe. Sarebbe auspicabile un uso moderato, dove la forma e i contenuti della comunicazione siano coerenti alla cornice contestuale.
*Direttore Scuola Freud