Milano – Ancora Saturno contro per le piste da ballo, dopo i due anni neri (2020 e 2021) di sospensione per pandemia, che ha provocato conti in rosso e chiusure. Nel 2019 a Milano e provincia si contavano 89 discoteche (più del 2013, quando erano 85) secondo la Silb-Fipe, l’associazione di categoria. Nel 2022 sono diventate 61.
In tre anni, quasi una discoteca su 3 è scomparsa. Sul 2023, dopo il recupero dell’anno scorso, sono tornate ad addensarsi le nubi dell’inflazione e la ‘deregulation’ di fatto data dal moltiplicarsi dei dancefloor abusivi. E c’è pure di una Generazione Z meno attratta dalle luci stroboscopiche.
“L’anno scorso dopo la riapertura (dall’11 febbraio 2022, ndr) si è vissuta una grande euforia e ovunque si registrava il tutto esaurito. Da gennaio registriamo una contrazione: la spinta inflattiva e l’incremento dei mutui hanno determinato una riduzione dei consumi voluttuari che colpisce anche il nostro target, fra 25 e 50 anni. Per fortuna sono tornati i turisti stranieri. Il calo di fatturato per noi è dell’ordine del 5%, il 10% rispetto al pre-Covid. Ma per altri colleghi dell’hinterland è più dura", spiega Alberto Baldaccini, consigliere Epam e socio dell’Hollywood, aperto dal 1986. Il club di corso Como, capienza 400-500 persone, ha sospeso la serata del martedì e rimane aperto dal mercoledì alla domenica.
Agli indirizzi meno blasonati va peggio. "Stiamo pensando di sospendere la serata del giovedì, è antieconomica. Anche nel weekend più commerciale le presenze sono diminuite. Rispetto al 2019 il calo degli ingressi è del 50% il venerdì e del 25% di sabato – dice Rodolfo Beffa, titolare di Pelledoca Music & Restaurant di via Forlanini –. Noi siamo ristorante e per avere la licenza anche come locale da ballo abbiamo investito centinaia di migliaia di euro per le norme anti-incendio e sicurezza. Il problema è che ci sono una marea di ristoranti, pub, sedicenti circoli culturali, location in affitto che fanno ballare abusivamente: molti hanno cominciato durante il Covid e hanno continuato dopo, col vantaggio di non pagare l’Iva al 22% e neppure la Siae".
C’è anche la questione del pubblico: "Fra i giovanissimi da anni il clubbing non è più rito ordinario da consumare ogni weekend ma più legato a singoli eventi", argomenta Lorenzo Citterio, proprietario dell’Alcatraz di via Valtellina. Una generazione, la "Z" dei nati fra il 1997 e il 2012, molto più morigerata rispetto ai Millennials. Non beve, non fuma e non ama secondo una recente ricerca di Social Science & Medicine. E ha anche un’altra mentalità: "L’Alcatraz da sempre fa pagare meno l’ingresso alle donne. Ma sui social ci scrivono delle ragazze lamentandosi di una presunta ‘discriminazione’, e lo stesso fa chi ha un’identità ’fluida’". Il locale , che ha una capienza da 3.500 persone, dedica il sabato notte agli anni Novanta. Una soluzione per intercettare un pubblico che va dai nostalgici della generazione X agli universitari alla riscoperta della golden age del clubbing.
"Credo che dopo l’exploit del 2022 sia normale un periodo di assestamento. Lamentarsi non serve a nulla. La generazione Z è sofisticata e si stufa in fretta. Per mantenere l’hype bisogna sempre rimanere aggiornati sulle nuove tendenze. Noi una volta al mese portiamo a Milano dj internazionali come Bob Sinclar", dichiara Adriana Onorato, general manager dei Magazzini Generali di via Pietrasanta. "Milano è fra le città italiane quella messa meglio per la nightlife. Ma per competere con Londra o Berlino dovrebbe dotarsi di nuovi club dalla natura ‘poliedrica’, con la possibilità anche di ospitare altre attività, dai concerti alle mostre. Aiuterebbe il settore a guadagnare in credibilità", osserva Lorenzo Lsp, dj di punta sulla scena house da oltre 30 anni.