
Un frame del video della fuga dagli arresti domiciliari di Basiglio. Nei riquadri Dmitry Chirakadze (a sinistra) e Artem Uss
Milano, 31 marzo 2025 – Ci mancava il drone di fabbricazione russa, segnalato nei cieli sopra il lago Maggiore e poi svanito nel nulla con la sua scia di misteri. Misteri a cui la Procura di Milano (che indaga per spionaggio) cercherà di trovare delle risposte.
Pericolo e incertezza in una fase storica difficile
Risposte che non placheranno la sensazione di pericolo incombente in cui siamo piombati da qualche tempo. Ci mancava solo il drone russo, appunto, in una fase storica già di per sè complicata in cui i vecchi equilibri sembrano saltati e il mondo pare entrato in una fase totale di incertezza.
Ritorno ai tempi della Guerra fredda
Sembra davvero di essere tornati in piena Guerra fredda quando la battaglia si combatteva al di là e al di qua della cortina di ferro. Al di là e al di qua di quel Muro che a Berlino divideva “fisicamente” le democrazie occidentali dal blocco sovietico. Oggi lo scacchiere mondiale invece sembra molto meno granitico e assai più complesso, le alleanze più fluide con le ideologie ormai sostituite dall’economia e dal controllo strategico delle terre rare.
Caso Dmitry Chirakadze e le dinamiche internazionali
Spie come Dmitry Chirakadze, l’aristocratico russo a processo a Milano con l'accusa di essere il "coordinatore" dell'evasione dell'imprenditore Artem Uss, figlio di un oligarca – russo nemmeno a dirlo -, vicino a Vladimir Putin fuggito dagli arresti domiciliari che stava scontando a Basiglio, vicino a Milano, per poi espatriare lungo la rotta balcanica e rientrare in aereo nel suo paese.
Rendendo dichiarazioni spontanee, l'imputato ha parlato dei suoi problemi di salute e ha spiegato che, secondo i medici dell'ospedale San Raffaele, "c'è la necessità di una terapia radiologica ininterrotta ogni giorno per cinque settimane".
Dalla difesa di Chirakadze alle cure necessarie
Per convincere la giudice Ombretta Malatesta dell'insussistenza de pericolo di fuga, Chirakadze ha affermato: "In Russia si dice: 'non c'è modo di uscire dal sottomarino'. Il mio sottomarino è Milano. Qui ci sono i miei dottori e nei prossimi mesi questo posto sarà per me un sottomarino da cui non c'è via d'uscita.
Chiedo di poter ottenere le cure radiologiche in condizioni appropriate e prometto di essere di parola, manterrò tutti i miei obblighi. Scappare significherebbe fregarmene del processo, ma ho scelto il rito ordinario per avere giustizia".
L'avvocata Tatiana Della Marra, che difende Chirakadze con il collega Federico Sinicato, ha aggiunto che la richiesta è per "salvarsi la vita" e che addirittura i suoi legali avevano cercato "di convincerlo a scegliere l'abbreviato perché deve curarsi, ma lui ha detto: 'no, voglio fare il processo, mi voglio difendere e dimostrare la mia estraneità'". La giudice, dopo che per due volte il Tribunale del Riesame ha confermato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, si è riservata di decidere.