Nappo*
Un nuovo inizio di anno scolastico porta con sé numerose sfide, tra cui come interfacciarsi con i genitori degli studenti e possibilmente partire col piede giusto. Fino ai Decreti Delegati del 1974, la relazione scuola-famiglia era fondata su un’impostazione rigida e autoritaria, in cui il ruolo dell’insegnante era chiaro e ben definito e la presenza attiva del genitore nella scuola, non essendo normata, era pressoché inesistente. L’applicazione di questi provvedimenti circoscrive un nuovo modello educativo in cui i genitori e i docenti sono interpellati a misurarsi sugli obiettivi strategici. Per un professore stabilire una relazione di collaborazione e di rispetto con le famiglie degli allievi talvolta può rivelarsi complicato. Assistiamo da anni, ormai, ad una vera diffidenza dei genitori nei confronti dell’istituzione scolastica e nella figura dell’insegnante. Mettendo in discussione il suo operato e spesso contestandolo di continuo, i genitori confondono i ruoli e tendono a giustificare a priori qualsiasi comportamento dei figli. Forse alla base c’è una mancanza di comunicazione o una relazione non efficace, che in alcuni casi si trasforma in vera e propria assenza dei genitori dalla vita scolastica dei propri figli e che porta così a una situazione di “abbandono” dei ragazzi/e. Non mancano all’opposto, genitori che occupano troppi spazi e tendono a rendere la comunicazione eccessivamente “amicale” (...) È necessario rendere positivo e reciprocamente proficuo il legame scuola-famiglia. Bisogna imparare a coinvolgere i genitori mantenendo sempre al centro l’allievo/a e cooperare al fine di creare un ambiente positivo e di ascolto: questo andrà a vantaggio di tutti e avrà effetti positivi anche sul rendimento scolastico. La connessione tra scuola e famiglia si deve realizzare attraverso la condivisione di un progetto comune di educazione, apertamente partecipato.
*Direttore Scuola Freud