GIULIA BONEZZI
Cronaca

Milano, al centro diurno di Villa Sormani ecco la Doll Therapy e il gatto robot

Il progetto per i pazienti con demenze

Le bambole come terapia

Milano, 13 settembre 2019 - È una terapia quella delle bambole, inventata da una psicoterapeuta svedese per comunicare con suo figlio autistico, che ha poi dimostrato di funzionare con le persone affette da demenze, nella riabilitazione di chi, come i malati d’Alzheimer, non ha oggi nei farmaci una risposta risolutiva. La «Doll Therapy» da un paio d’anni si sta diffondendo tra Rsa e strutture riabilitative italiane. Villa Sormani, il centro multiservizi della Fondazione Sacra Famiglia a Cesano Boscone, è però uno dei pochi che le associa la più innovativa «Robotic Pet Therapy». Tra i pazienti affetti da Alzheimer o altre demenze del centro diurno (che ha in tutto una settantina di utenti, con frequenza variabile da uno a sei giorni a settimana) ne sono stati selezionati sette per un progetto avviato a novembre 2018: un gatto robotico e quattro bambole sono stati inseriti nella terapia occupazionale. Che si basa, spiega la terapista Greta Principe, «su attività quotidiane per aiutare i pazienti a riacquisire le proprie competenze». Così la bambola è «un mezzo che abbiamo per comunicare coi pazienti, per stimolarli a mantenere autonomie personali, ad esempio vestendola, preparandole la pappa, portandola in giro con la carrozzina, ma anche autonomia psico-cognitiva, sul piano emotivo, della memoria e del miglioramento della stima di sé: si sentono nuovamente utili occupandosi di qualcuno».

Non sempre le persone a uno stadio avanzato della malattia distinguono il giocattolo da un bambino vero e del resto le bambole da terapia, di stoffa, ne riproducono il peso, la sensazione della pelle al tatto, «hanno occhi che sembra ti osservino, posture che facilitano tenerle in braccio – spiega la dottoressa –. E una tasca nascosta nella quale possiamo inserire profumi rilassanti, come la lavanda». Le doll riproducono «dal neonato al bimbo di due anni, con colori diversi di capelli. Spesso il paziente continua a cercare la prima che ha scelto». Il peluche robot, che incrocia la Doll con la Pet Therapy, arriva dagli Usa. «Abbiamo scelto il gatto perché i nostri pazienti hanno un’età media di 85 anni, da bambini consideravano il cane un animale da guardia, più che d’affezione», chiarisce Principe. Miagola, fa le fusa se accarezzato, movimenti imprevedibili come un felino vero.

«Loro lo coccolano, lo pettinano, gli danno da mangiare prima della fine della terapia: il distacco viene accompagnato, anche dalla bambola, ad esempio mettendola a dormire. La stanza è allestita con un’ambientazione domestica, ci sono poltrona, tavolo con l’occorrente per preparare il tè, la culla e il passeggino, un sottofondo musicale. Nella terapia occupazionale non imponiamo nulla– spiega la dottoressa –, pianifichiamo un progetto riabilitativo a partire dagli interessi della persona. Ci sono vari studi sulla Doll e Robotic Pet Therapy, noi stiamo osservando come integrarla nel nostro approccio, per estenderla eventualmente ad altri tipi d’intervento». Per questo i sette pazienti vengono valutati con una scheda, all’inizio, a metà e alla fine delle 20 sedute, per misurare gli effetti, ad esempio, sulla diminuzione dell’agitazione e sulla capacità di svolgere attività in autonomia. «Il nostro sforzo – sottolinea Anna Miele, responsabile di Villa Sormani – è adottare un modello di cura che vede la persona fragile come protagonista, con interventi personalizzati volti a migliorarne la qualità della vita». Giulia Bonezzi