Milano – Quartiere Brera, antica Chiesa di san Marco, palinsesto di opere d’arte stupendamente conservate. Fa sempre discutere il viceparroco, musicista compositore di una Messa elettronica e musicologo di “La musica sacra non esiste”.
Don Luigi Garbini, cosa metterà accanto al presepe del Londonio (1750), quest’anno?
“La vigilia di Natale, e del Giubileo, un’opera dell’inglese beachcomber (pellegrino che setaccia le spiagge) Mike Nelson: ABF (Amnesiac Beach Fire). Interpreta bene il pensiero fissato da Papa Francesco nella sua ultima enciclica: interrogate il fuoco, per avere un cuore di carne”.
Il fuoco di Nelson è fatto di materiali di scarto.
“Come una reliquia, rappresenta lo scarto del mondo: poveri, carcerati, immigrati, quelli che non ce la fanno più. Un fuoco-cuore da alimentare con i resti del quotidiano. Che non si consuma, come il processo inesauribile della Rivelazione. ABF, inattivo, ma potenzialmente sempre acceso, allude alla nostra vera fonte di energia rinnovabile”.
Stare a Milano richiede sempre molta energia.
“Sì, perché qui avviene tutto prima. E qui sono arrivato nel 1994, chiedendolo al cardinale Martini. Da allora, ho sempre svolto il mio compito di vice-parroco, anche adattandomi a stili pastorali abbastanza diversi”.
Spasmodica, nel nuovo millennio, l’accelerazione dei cambiamenti. Prevedibili?
“Assolutamente. Negli anni ’50, il cardinale Montini già intuiva che il mattone avrebbe sopraffatto la città. Ma a includere nei programmi pastorali i mutamenti, visti non solo come ostacoli, ma come necessità per l’evangelizzazione, fu Martini. Sembrava sopra le righe, invece ci stava in mezzo”.
E Delpini?
“Radicalmente martiniano si dimostra, come nel suo ultimo discorso per la festa di sant’Ambrogio, quando arriva ad esprimere esplicitamente il grido della città”.
Occuparsi di cultura in una parrocchia centralissima, distrae dalle periferie?
“Cultura significa qualità della vita, ovunque. E la spiritualità del milanese va raccolta nei frammenti sparsi per tutta la città. A ben vedere le sue radici sono religiose: Parini, Porta, Maggi, fino a Testori, Raboni, Loi, Merini... Hanno avuto la forza di interpretare i grandi mutamenti di Milano cercandone l’anima”.
Hanno parole per far fronte a gentrificazione, overtourism, ricambio generazionale, costo della vita?
“Certo, ma nessuno dei responsabili politici li interroga con questa intenzione. E neppure la Chiesa, a dire il vero, riesce a farlo con intenzioni credibili”.
Nuove figure carismatiche?
“Sembra ci sia solo il Papa. Scomparsi Turoldo, Giussani, anche don Luigi Pozzoli, che fino al 2011 richiamava fedeli da tutte le parti della città e oltre. Ma potrebbe anche non essere cosa negativa dover attingere alimento per lo spirito altrove”.
Il brianzolo sacerdote youtuber don Ravagnani può influenzare?
“Proprio far diventare la vita spirituale uno dei tanti argomenti di conversazione, alla fine, la polverizza”.
Un argomento a parte, d’accordo, richiede un linguaggio proprio. E come non snaturare i luoghi di culto?
“Educando il turismo, vorace anche nelle chiese. Da Expo in avanti risponde quasi esclusivamente al bisogno di occupare il tempo libero e alle logiche dei grandi flussi”.
Dei cosiddetti credenti milanesi appena il 18 per cento va in chiesa almeno una volta l’anno. Nozze ecclesiastiche per 3 coppie su 10. Nel 2022 battezzati un terzo dei bambini rispetto al 1995. Siamo sempre ambrosiani?
“Credo di sì. La non adesione esplicita alla fede non intacca il senso di appartenenza alla città, ancora vivo”.
Un rivoluzionario, Ambrogio. Accusato di portare in chiesa “musica moderna”. I suoi attuali fedeli chiedono innovazioni radicali?
“Almeno un’importante innovazione sarebbe usare talvolta nelle questioni spirituali il registro umoristico, con grande libertà e intelligenza, per liberarle del peso superfluo. L’unico che ci ha provato è il nostro vescovo Delpini, ma non è stato capito. Naturalmente”.