
Dopo 12 anni fine del processo a don Galli. Tre anni di domiciliari per atti sessuali
La condanna definitiva è arrivata a distanza di quasi 12 anni dai fatti contestati a don Mauro Galli, l’ex parroco di Rozzano che era stato accusato di violenza sessuale su un ragazzo che all’epoca aveva 15 anni. I fatti risalgono al 2011. In un appello "bis" i giudici hanno accolto la proposta di concordato, tecnicamente il patteggiamento di secondo grado, in accordo tra accusa e difesa, con una pena definitiva di 3 anni da scontare in "detenzione domiciliare". Un patteggiamento, riconosciuto dalla seconda sezione penale della Corte d’Appello milanese (Correra-Galoppi-Rinaldi), con l’attenuante del risarcimento del danno (il giovane e i familiari non erano parti civili) e con le attenuanti generiche.
Anche il reato è stato riqualificato da violenza sessuale ad atti sessuali con minorenne, con "abuso della situazione di cura e affidamento", e con il riconoscimento anche dell’attenuante della "minore gravità" dei fatti. Una pena così concordata tra la difesa, col legale e professore Mario Zanchetti, e la sostituta pg Celestina Gravina, che non porta in carcere il sacerdote. La pena della reclusione, infatti, è stata sostituita, stando alla sentenza, con quella della detenzione domiciliare. In primo grado don Galli era stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione, poi in appello la pena era stata ridotta a 5 anni e 6 mesi e, infine, la Cassazione aveva annullato, con rinvio a un altro processo di secondo grado, la condanna. Secondo la tesi dell’accusa nelle indagini, gli abusi sarebbero avvenuti nell’abitazione del religioso, dove il ragazzo aveva trascorso la notte "in vista delle attività di preghiera previste per il giorno successivo". La difesa ha sempre sostenuto, però, che non ci fosse agli atti alcuna prova della violenza sessuale. La Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna, parlando del "tardivo disvelamento" della presunta violenza, raccontata dal ragazzo dopo tre anni dai fatti. Ieri in aula la pg Gravina ha criticato la sentenza di primo grado che aveva comminato una pena "non accettabile" e ha parlato di quel "ritardo" di 3 anni nel racconto dei fatti, anche se ha evidenziato pure la "palese inverosimiglianza della difesa dell’imputato su una vicenda riprovevole". La pg ha spiegato che nel procedimento sono mancati "degli elementi di fatto che dovevano essere meglio analizzati". E ha messo in luce pure alcune riserve dei periti sulla "capacità testimoniale" del giovane. Da qui anche la riqualificazione della contestazione con tutte le attenuanti. Per i suoi legali "don Galli si è trovato a difendersi da una accusa dai confini mobili". Tra le testimonianze anche quella della fidanzata del giovane che "ha parlato 6-7 anni dopo i fatti".
An.Gi.