Il primo passo per un driver che prende servizio è il collegamento al sistema informatico Amazon Flex, una semplice app sullo smartphone. Poi inizia la corsa, lungo le strade della zona assegnata, a consegnare fino a fine turno i pacchi caricati nel magazzino. "Le consegne da effettuare normalmente si aggirano intorno alle 110 soste, escluse le fermate in più posizioni. È così che si può tranquillamente arrivare a numeri fino a 180 posizioni e 300 pacchi", racconta William Leoni, che nel 2017 ha iniziato a lavorare come driver nella filiera Amazon e ora è funzionario della Filt Cgil.
"Un lavoro che si può svolgere soltanto caricando in 6 minuti e dovendo citofonare circa 150/160 volte, contando il tempo necessario al cliente finale per venire a ritirare la merce acquistata – aggiunge –. Su una posizione segnalata dalla app ci possono essere nel raggio di 50 metri due clienti e quindi viene registrata un’unica posizione. Ogni stop è numerato e tutto si fa tramite app. Avanza il tempo al driver? Si lavora nel rispetto delle misure di sicurezza?". La risposta, per il sindacato, è negativa. Poi c’è il tema delle multe, a carico dei driver se parcheggiano in doppia fila o su passi carrabili. Anche per questo la Filt Cgil ha lanciato una mobilitazione in Lombardia sui ritmi di lavoro e su altre questioni aperte, con il prossimo presidio domani davanti al polo logistico di Origgio.
Diversi corrieri, infatti, hanno ricevuto contestazioni disciplinari per "scarsa produttività", che in alcuni casi si sono tradotte in una sanzione, proprio per non aver rispettato i tempi di percorrenza, stabiliti da algoritmi, per arrivare al punti di consegna del pacco.
Sul tema dei ritmi di lavoro, Amazon ha sempre sostenuto di operare "a stretto contatto con i nostri fornitori per definire insieme obiettivi realistici, che non mettano pressione su di loro o sui loro dipendenti". La "tecnologia" utilizzata, inoltre, "prende in considerazione molteplici aspetti, tra cui la quantità di pacchi da consegnare, la complessità della rotta e delle distanze da percorrere, inclusi i tempi per le pause, per determinare il numero di consegne che un autista può effettuare in sicurezza durante il suo turno".
Il colosso fondato da Jeff Bezos sostiene poi che le "rotte sono programmate in modo da tener conto di pause e pasti, consentendo alla maggior parte degli autisti di terminare prima della fine prevista del turno" e "gli autisti sono comunque liberi di decidere se utilizzare o meno la funzione di navigazione". Rassicurazioni alle quali replica Leoni, con un "riassunto" della "giornata tipo" di un driver delle società di trasporti che effettuano le consegne per conto di Amazon, arrivando alla conclusione che "il tempo non basta". Ma non è l’unico punto critico, perché "l’intelligenza artificiale può essere un grande supporto ma a volte diventa l’opposto" e il sistema di navigazione inganna.
“Se il driver non presta la dovuta attenzione alle segnaletiche stradali – spiega Leoni – succede che l’app può dare indicazione di svoltare in una strada a senso vietato. Se per disgrazia dovesse avere una collisione ovviamente la responsabilità sarebbe sua, del conducente. Questo recita il Ccnl e, giustamente, le aziende lo fanno notare, ma senza fare notare alla committenza che la app non è tarata sulle mappe stradali italiane aggiornate. Questo è un esempio di errore che ricade sui driver. Come può succedere anche che, conoscendo la rotta assegnata, chi guida la perfezioni mettendo le proprie conoscenze a disposizione del sistema: queste modifiche apportate non vengono riconosciute o valorizzate – conclude – ma anzi incitano il committente a caricare ancora di più quella rotta". La Cgil chiede quindi la "ricalibratura del carico" e la "corretta mappatura".