Quale ruolo ha avuto la sorella di Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico finito in carcere e ora ai domiciliari in una comunità, a processo in abbreviato con l’accusa di violenze sessuali nei confronti di sei donne che avrebbe prima drogato con benzodiazepine? Sarebbe stata lei, noto medico, secondo i legali delle parti civili ad avere prescritto con estrema disinvoltura le ricette per acquistare la droga dello stupro nelle quantità desiderate dal fratello, e per questo dovrebbe rispondere di favoreggiamento. L’uso della droga era diventato, per il ricco manager, l’unico modo per avere donne a disposizione. Così aveva attirato anche l’ultima preda, una studentessa di 21 anni, a lei aveva promesso un lavoro prestigioso, il colloquio nel suo appartamento, due chiacchiere, un caffè corretto con droga e lo stupro.
Di Fazio ha ricevuto a fine novembre una nuova misura cautelare per altri episodi di violenza sessuale, sempre con lo stesso schema, nei confronti di altre cinque donne, tra cui l’ex moglie, difesa dal legale Maria Teresa Zampogna. Il pm Alessia Menegazzo nella scorsa udienza ha chiesto una condanna a 9 anni di carcere per Di Fazio, uscito a febbraio dal carcere per andare ai domiciliari con braccialetto elettronico in una comunità psichiatrica. I disturbi della personalità dell’imputato - che ha confessato le aggressioni - sarebbero "il filo rosso" che collega tutti gli episodi di violenza sessuale messi in atto con lo stesso, spietato sistema. Ieri hanno parlato per le parti civili, tra gli altri, i legali Andrea Prudenzano e Patrizio Nicolò. Di Fazio risponde anche di lesioni nei confronti della ex moglie, mentre lo stalking e i maltrattamenti sono stati unificati dalla Procura in una sola imputazione di "maltrattamenti". Per le violenze nei confronti delle ex fidanzate, invece, essendo fatti datati e senza la prova della somministrazione massiccia di benzodiazepine, il pm ha chiesto la concessione delle attenuanti equivalenti alle aggravanti.
Di Fazio ha rinunciato all’incidente probatorio, che avrebbe allungato i tempi, e ha dato il suo consenso ad acquisire direttamente i verbali delle vittime. Nella scorsa udienza aveva parlato anche l’avvocato Zampogna per l’ex moglie (parte civile anche per il figlio), la quale, oltre a presentare una istanza di risarcimento, ha proposto la revoca della patria potestà. Questo sulla scia della causa civile avviata dalla donna per ottenere che il figlio ritorni a vivere con lei e con la sua nuova famiglia dopo che, al termine della causa di divorzio, era stato affidato al manager, che ha in corso anche un processo parallelo per il reato di bancarotta, dopo il fallimento della sua azienda. Un altro filone delle indagini, che fa capo al pm Pasquale Addesso, scava pure sui rapporti dell’imprenditore con esponenti della ‘ndrangheta.