"Stanchi, stanchissimi, ma quanto è durata questa fiera!". (L’accento è toscano, dopo dieci giorni a Milano ha ancora voglia di scherzare, quindi un buon segno, ndr). "Suvvia, si torna a casa felici". Riccardo Di Bene, è direttore commerciale di Luce5 (nonchè anche uno dei soci arrivato nel 2017), azienda toscana nata per iniziativa di cinque amici ("Pensi ci sono ancora tutti, rarità"), che dal 1991 sviluppa e produce soluzioni illuminotecniche, dal settore luxory living a quello culturale (collaborazione con Nacho Carbonell) e al nautico.
Da quanti anni venite al Salone? "È il secondo anno. Siamo stati anche presenti in città con una micro mostra in Triennale, Light in matter, un allestimento intrigante e raffinato, progettato da Emanuel Gargano. Ci siamo presentati ad Euroluce con un cuoricino, con uno stand chiuso, e senza la tradizionale esposizione, ma con un filmato. Ci abbiamo creduto moltissimo, nessuno l’aveva mai fatto. Poteva sembrare arrogante. Il pubblico, però, ha capito. Abbiamo avuto 7.200 ingressi totali, con lunghe file. Abbiamo presentato così in maniera suggestiva le nuove tecnologie che abbiamo sviluppato. La tipologia costruttiva Hyletech è costituita da pannelli di alluminio, per noi rappresentano la nuova materia di costruzione non solo per arredi ma di spazi architettonici".
Perché proprio l’alluminio? "E’ un elemento di pura sostenibilità, infinitamente riciclabile, al 100 per cento, resistente. Siamo il primo Paese in Europa per il riciclo di alluminio. si fa molta ricerca in azienda..".
Il passaggio al Salone a che cosa è servito? "A consolidare un brand. Anche se noi ci siamo fatti conoscere sin dalla collaborazione con Prada, Fendi, Bulgari e Valentino, soprattutto nel settore del lusso. Abbiamo aperto nel 2014 una sede a Hong Kong, un sito produttivo a Shenzhen. Il Salone del Mobile è un posto incredibile, è quello che meglio ci rappresenta. Andremo però anche alla design week di Copenaghen, a giugno, perché la nostra tipologia di tecnologia consente di costruire arredi che incontrano molto il gusto del design scandinavo, nord europeo. Comunque abbiamo anche collaborazioni con gallerie d’arte, e sviluppato progetti di artisti contemporanei. Abbiamo esposto da Rossana Orlandi la lampada di Carbonell che era a Nomad di Saint Moritz".
Che cosa cambierebbe della formula del Salone di Milano? "La durata. Basterebbero anche quattro giorni. Siamo venuti con una trentina di dipendenti, è la nostra filosofia. Costa parecchio. Però Milano è l’unica città italiana per fare business".
Stefania Consenti