Una piccola utilitaria, una coppia affiatata e tanta sete d’avventura. Sono questi gli ingredienti perfetti per un rally adrenalinico tra le dune del deserto. Lo sanno molto bene i due aresini Luciano Montorfano ed Elena Borroni - imprenditori nel settore metalmeccanico di professione e piloti per passione - che ormai da anni sfrecciano a bordo della loro macchina sfidando l’afa, la fatica e i pericoli del deserto. E i successi non mancano: dalla vittoria del Tunisia Challenge al terzo posto al Panda Raid in Marocco, fino alla partecipazione alla famigerata Dakar, la competizione più feroce e sfiancante nel cuore dell’Arabia Saudita. "Questa gara è una girandola di emozioni, di sveglie all’alba, di tappe infinite, di gioie e frustrazioni - racconta Montorfano -. Eravamo diciassettesimi assoluti quando il motore ci ha abbandonati. Ma come si dice tra piloti: “C’est le Dakar”".
Montorfano, perché ha deciso di partecipare a queste competizioni?
"Ho sempre avuto fame d’avventura e voglia di mettermi alla prova. Poi un giorno ho incontrato Elena, con cui condivido la vita e la voglia di sfidare i propri limiti. Qualche anno fa abbiamo fatto il giro dell’Australia in bicicletta: tenda in spalla, siamo partiti alla scoperta del mondo. Una volta tornati abbiamo comprato una piccola Panda 4x4 e abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti iscrivendoci al Panda Raid in Marocco, la nostra prima gara automobilistica nel deserto. Allenandoci tanto siamo riusciti a partecipare alla Dakar, era il mio sogno fin da piccolo: per una gara così impegnativa però abbiamo dovuto rinunciare al nostro storico pandino per una macchina più performante".
Parliamo proprio della Dakar: com’è stato partecipare a una gara così complicata?
"Partecipare a questa competizione significa essere gettati in un gigantesco frullatore emotivo: è una sfida con gli altri ma soprattutto con se stessi. La Dakar regala tante emozioni ma infligge anche parecchie delusioni e frustrazioni: eravamo diciassettesimi assoluti e terzi di classe quando il nostro motore si è rotto. Un giorno e mezzo dopo siamo ripartiti grazie al supporto dei tecnici, non abbiamo perso la voglia di gareggiare ma abbiamo dovuto fare i conti con le nostre aspettative e accettare la disfatta".
Come si prepara ad affrontare le fatiche del deserto?
"Quando gareggio con Elena trascorro intere giornate alla guida, per questo alleno tanto la parte alta del corpo: collo, schiena e braccia sono sorvegliati speciali. Poi sono fondamentali le prove di guida. L’allenamento è la chiave per migliorare e dare il massimo durante le gare".
Quando si trova nel cuore del deserto come si alimenta?
"Mangio tante barrette e frutta secca ma ho un alleato segreto: le caramelle gommose. Gli orsetti alla frutta mi danno lo sprint giusto per spingere sull’acceleratore".
Quale ricordo conserverà sempre nel cuore?
"La premiazione sul palco della Dakar. La medaglia al collo ti ripaga di ogni sacrificio e sofferenza vissuta durante la competizione. Dopo il buio calato sulle dune, si riaccende la speranza e la voglia di tornare a gareggiare".
Ha mai avuto dei momenti di cedimento?
"Ho provato delusione e frustrazione, ma non ho mai pensato di smettere, nemmeno quando
il caldo del deserto mi tormentava o quando il motore mi ha lasciato a piedi. Sono molto competitivo ed Elena non è da meno. Abbiamo una sola regola: non mollare mai".