
Una protesta contro la poligamia nel mondo musulmano
Milano, 3 marzo 2020 - Due sono decisamente troppe per la nostra legge. E così un uomo di origini egiziane ma da anni residente a Milano e con cittadinanza italiana ora rischia il processo per bigamia. Sposato da tempo con una connazionale ormai pure lei cittadina italiana, dopo la crisi del loro rapporto è tornato in Egitto dove con un’egiziana è convolato a seconde nozze, perfettamente lecite per la legge locale.
Il problema è sorto quando l’uomo, tornato in città, si è presentato all’anagrafe comunale per trascrivere questo secondo matrimonio. L’addetto si è accorto che il conto delle mogli non tornava ed è scattata la denuncia obbligatoria alla magistratura. Ora il presunto bigamo rischia fino a cinque anni di carcere. Episodi del genere non sono inediti per le nostre procure, da quando la presenza sul territorio di un buon numero di immigrati stranieri di religione musulmana ha alimentato nozze miste e mescolanza di religioni. A parte la “scappatoia” dei matrimoni solo religiosi all’interno delle moschee, che giuridicamente non producono effetti di certificazione civile e di fatto alimentano il “concubinaggio” (non più reato), sulla bigamia la legge è invece piuttosto chiara: è sufficiente contrarre nuove nozze, valide secondo le regole del paese in cui il matrimonio viene celebrato, quando il primo matrimonio non è ancora definitivamente sciolto e cioè quando non è passata in giudicato la sentenza che ha pronunziato il divorzio. La mancata trascrizione non salva il bigamo.
Una volta finita sul tavolo del magistrato, qualche volta la questione viene risolta prima di arrivare davanti a un giudice grazie a qualche scappatoia procedurale o magari perché il protagonista viene “graziato” dalla prima moglie nel caso in cui questa, non avendo particolari recriminazioni, decida di non sporgere querela nei confronti del l’ex. Nell’ultima vicenda milanese, a dire il vero, le circostanze non sono ancora note nei loro particolari. Non è ancora chiarissimo, cioè, se il problema sia sorto per qualche inghippo burocratico nella trascrizione del divorzio (ammesso che sia realmente avvenuto) o se invece il due volte marito abbia agito sapendo di essere in regola con la legge egiziana e ignorando (magari in buonafede) che quella italiana avrebbe avuto invece qualcosa da ridire. Fatto sta che l’esito della procedura non è stato rassicurante, per l’italiano acquisito. Anche perché la sua prima moglie, che probabilmente aveva qualcosa da rimproverargli, si è già costituita parte lesa nel procedimento per bigamia davanti al giudice dell’udienza preliminare Anna Calabi.