DIEGO VINCENTI
Cronaca

"È la fine di un’epoca Ma non dimentico la Milano con il sorriso e che costava meno"

La chiusura del Mc Donald’s di San Babila vista dall’apripista Enzo Braschi "Calcio e moto certo, ma l’interesse comune era soltanto per la squinzia"

di Diego Vincenti

Nostalgia canaglia. Chiude il McDonald’s di San Babila. E sale la malinconia tra i paninari. Lì a sfogliare le polaroid degli anni Ottanta, davanti al Burghy in un trionfo di Timberland, Moncler, Best Company. Come cornice la Milano da bere (e da consumare). Era il disimpegno. Si parlava con vocaboli bizzarri: gallo, sfitinzia, arrapation. E per tutti il paninaro assoluto è sempre stato lui: Enzo Braschi. A sdoganare il fenomeno a Drive In, fra i sorrisi di Tinì Cansino e il Tenerone di Gianfranco D’Angelo.

Braschi, siamo tutti cresciuti coi suoi sketch.

"Lo so, ma in realtà già all’epoca ero un paninaro un po’ pentito. Da buon genovese sceglievo sempre pesce e vino bianco".

È vero che volevano menarla?

"All’inizio. Durante un servizio fotografico per Tv Sorrisi e Canzoni, un paio di ragazzi ci fecero scappare di corsa perché si sentivano presi in giro. Ma poi le cose cambiarono. Ricordo un tizio rigorosissimo, feroce, che un giorno mi disse che anche se facevo il paninaro sfigato mandavo comunque avanti il movimento".

Ma quindi questi paninari avevano un’appartenenza politica?

"L’unico interesse che avevano era per la squinzia, glielo assicuro".

Un tema trasversale.

"Poi qualcuno arrivava al calcio e alle moto, ma era tutto molto adolescenziale. L’unica cosa è che la moda ricopriva un ruolo importante ed era una moda costosa, di cui sono stato untore. In Sardegna un signore mi chiese se la prossima volta potevo fare il metalmeccanico, perché lui tre Moncler per i figlioli mica riusciva a comprarli. Come non capirlo. Poi gli scemi ci sono ovunque. Ma meglio un piumino di una pistola".

Com’era Milano?

"Costava meno ed era più serena, aveva voglia di ridere. Ora sono tutti seri, di corsa. E per un cappuccio e brioche ti chiedono mezza liquidazione. L’altra sera ho rivisto “Splash - Una sirena a Manhattan” e ho pensato che fossimo proprio così: giovani, belli, ingenui, in una società a misura d’uomo".

Il mondo dello spettacolo?

"Un territorio a parte. Avevo iniziato da ragazzo a suonare il basso, prima delle serate di cabaret in un locale di Genova. Poi mi chiamarono per il militare e fui assunto in un’azienda, finendo in cassa integrazione. Un provino in Fininvest mi portò in questa tv privata dove c’era voglia di sperimentare e dei bellissimi rapporti umani. In giro non vedevo nemmeno cucadores, per dire. Ma le cose sono cambiate con il Grande Fratello".

Cosa intende?

"È stata la realizzazione di quello che diceva Andy Warhol, il fatto che in futuro sarebbe bastato mostrare la misera vita di qualcuno per renderlo famoso e farlo sentire un artista. Si è da tempo sostituita l’occasionalità al talento. La chiusura del McDonald’s mi pare sancire la fine di un’epoca gloriosa".

Oggi che fa?

"Scrivo romanzi e mi occupo dei nativi americani, su cui già mi ero laureato in Filosofia. All’inizio la gente pensava che fosse un mio omonimo a firmare i libri seri...".

Perché ha scelto di vivere alle Canarie?

"Abitavo in Romagna, ho ancora una casa lì. Ma non riuscivo più a scrivere, mi sembrava che davvero fosse finito un mondo. E così dopo una vacanza decisi di fermarmi qui, in questa specie di cerniera fra l’Europa e il Nuovo Mondo, dove il clima è incredibile e la gente semplice. Vivo in un piccolo appartamento davanti all’oceano e ho ricominciato a scrivere".

Mi perdoni, ma la domanda è d’obbligo: squinzie?

"Vivo ritirato, legato alle mie abitudini. Ho fatto le mie esperienze, ma oggi sono soltero, come dicono da queste parti".