Per la Procura di Milano "non vi è spazio per arzigogoli che eludano" la legge urbanistica del 1942: edifici di altezza superiore ai 25 metri o volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile "possono essere consentiti dal piano generale, ma comportano un forte carico urbanistico con conseguenze rilevanti sull’ambiente circostante" e quindi "si impone una valutazione complessiva, estesa all’intera zona e con la disposizione planivolumetrica degli edifici, proprio per valutare l’impatto". Una disciplina "prudente e pienamente giustificata" che "non può essere vanificata in via interpretativa e attuativa". E invece "l’omissione del piano attuativo nei casi di edifici impattanti è stata prassi presso gli uffici competenti del Comune di Milano". Considerazioni al centro di una memoria dei pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, tra gli atti depositati al Tribunale del Riesame che nei giorni scorsi (respingendo il ricorso dei costruttori) ha confermato il sequestro preventivo delle Residenze Lac in via Cancano, uno dei cantieri finiti al centro delle inchieste per presunti abusi edilizi. Vengono ripercorsi quei "principi in materia edilizia ed urbanistica" che secondo le accuse sarebbero stati violati per anni, pur costituendo "elementi basilari" e non soggetti a interpretazioni per regolare lo sviluppo sostenibile di città a quartieri, nel rispetto degli interessi di chi ci vive. Due posizioni opposte perché Palazzo Marino, dopo la raffica di inchieste che hanno terremotato l’urbanistica milanese, ha sempre sostenuto di aver rispettato le leggi, mentre costruttori e professionisti attendono chiarezza sul cosiddetto “salva Milano“ (il ministro Matteo Salvini ha promesso tempi rapidi per l’approvazione), per mettere ordine nella delicata partita dell’urbanistica.
L’articolo 117 della Costituzione, ripercorre la memoria della Procura, "inserisce il governo del territorio tra le materie giuridiche che possono formare oggetto di potere legislativo concorrente delle Regioni che quindi deve essere esercitato nel rispetto delle leggi statali di principio". E secondo la giurisprudenza "il principio di pianificazione urbanistica e le qualificazioni degli interventi edilizi, i titoli edilizi e le relative discipline di legge afferiscono a norme di principio rispetto alle quali non sono ammesse deroghe che siano peggiorative in termini di tutela del territorio, né deroghe attraverso norme di rango secondario come il regolamento edilizio comunale e altri atti amministrativi".
L’articolo 28 bis del Testo unico dell’edilizia, inoltre, stabilisce che "la convenzione del permesso di costruire convenzionato è approvata con delibera del Consiglio comunale" e la legge regionale "non ha previsto la possibilità per i Comuni di spostare dalla Giunta ai dirigenti la competenza per l’approvazione della convenzione". In sostanza, secondo i pm, "il fondamentale principio di legalità, che informa l’intero ordinamento repubblicano, esclude che il Comune di Milano possa esercitare la sua autonomia per introdurre deroghe alle leggi dello Stato e delle Regioni non previste e non consentite dalle leggi medesime". Lo stesso principio di legalità "esclude che una determinazione dirigenziale possa legittimamente spostare una competenza fissata da una disposizione di legge statale o regionale". Questioni giuridiche che dovranno essere valutate anche dai gup che, a partire dai casi Park Towers a Crescenzago e Torre Milano alla Maggiolina, dovranno decidere nei prossimi mesi sulla serie di richieste di rinvio a giudizio di dipendenti di Palazzo Marino, professionisti e costruttori, relative a operazioni immobiliari finite nel mirino.