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Suicidio assistito di Elena, Cappato: "Accompagneremo altre persone in Svizzera"

L'attivista dell'Associazione Luca Coscioni si autodenuncia a Milano e attacca la politica: "Il Parlamento non ha dedicato nemmeno un minuto alla questione"

Milano - Marco Cappato ha presentato la sua autodenuncia alla stazione dei carabinieri di via Fosse Ardeatine a Milano. Il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni si è presentato in caserma dopo avere accompagnato in Svizzera, in una clinica di Basilea, Elena, la donna di 69 anni della provincia di Venezia affetta da una grave patologia oncologica, che ha scelto di fare ricorso al suicidio assistito.

L'autodenuncia - in cui si spiegano le azioni concrete di supporto alla volontà della donna morta ieri - è stata poi trasmessa alla Procura di Milano. Sarà valutata dal sesto dipartimento della procura meneghina guidato dall'aggiunto Tiziana Siciliano, che si era già occupata del caso di Dj Fabo. Verrà quindi aperto un fascicolo, ma l'indagine potrebbe essere trasmessa per competenza territoriale alla procura di Venezia perché la 69enne era residente a Spinea. Cappato rischia l'iscrizione nel registro degli indagati per istigazione al suicidio, reato che potrebbe costargli fino a 12 anni di carcere

"Abbiamo deciso di aiutare Elena alla luce del sole, assumendoci totalmente la responsabilità di quello che abbiamo fatto - ha detto Cappato - Di fronte alla sua richiesta, che non aveva altre  possibilità se non quella di mettere a rischio la libertà di suo marito e di sua figlia, potevamo lasciarla col suo problema, girare la testa dall'altra parte o farci carico e assumerci la responsabilità di dare l'aiuto che cercava e chiedeva". 

"Aiuteremo anche le altre persone nelle sue stesse condizioni che ce lo chiederanno - assicurato Cappato - C'è una discriminazione insopportabile tra malati che sono attaccati alla macchine e quelli che non lo sono". Il caso di Elena infatti non rientra tra quelli contemplati dalla Corte Costituzionale in tema di suicidio medicalmente assistito. La donna non era tenuta "in vita da trattamenti di sostegno vitale", uno dei quattro requisiti previsti dalla Consulta nel 2019 pronunciandosi sul caso di Dj Fabo

"Cinque anni fa - ha proseguito Cappato - in questa stessa caserma ero andato a raccontare le modalità dell'aiuto a dj Fabo. Da lì è iniziato un percorso giudiziario che ha portato alla legalizzazione dell'aiuto al suicidio in Italia, ma solo per un tipo di malati". 

Cappato è poi tornato sia sulla bocciatura del referendum sul fine vita, sia anche sull'inerzia della classe politica. "Dalla Corte costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, è stato impedito al popolo italiano di decidere, in un modo o nell'altro, sulla legalizzazione dell'eutanasia. La bocciatura del referendum incide, perché se a giugno si fosse votato, se la Corte costituzionale non avesse accampato pretesti per impedire a cittadini di votare oggi non saremmo qui". Per quanto riguarda la politica, infine, "Non c'è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata 9 anni fa e ora, con lo scioglimento delle camere, è decaduta".