CLARA AMODEO
Cronaca

Gli Electric Blue, 60 anni di musica e amicizia: "Jazz e blues tra le strade di Milano"

Non sono musicisti alle prime armi: Massimo Bertagna, Giancarlo Crea e Marco Garcia suonano da tempo. Quarant’anni per la precisione, e all’alba dei sessanta hanno deciso di mettersi in gioco, sfidando i pregiudizi ed esibendosi per le strade della città

Gli Electric Blue

Milano, 6 ottobre 2016 - È tutto come da copione: tre amici con i loro strumenti musicali, la custodia delle percussioni per raccogliere i soldi e quella del basso per vendere i cd autoprodotti. La loro postazione è tra l’ingresso della stazione ferroviaria e l’uscita della metro di Porta Garibaldi, “Così passa più gente”, come ogni artista di strada sa. Eppure loro, gli Electric Blue, non sono musicisti alle prime armi: Massimo Bertagna, Giancarlo Crea e Marco Garcia suonano da tempo. Quarant’anni per la precisione, e all’alba dei sessanta hanno deciso di mettersi in gioco, sfidando i pregiudizi ed esibendosi per le strade di Milano.

“All’inizio non è stato facile – racconta Massimo Bertagna, batterista – perché prima di farlo per strada abbiamo suonato in giro per il mondo, tra locali prestigiosi e stadi. Ma poi ci siamo scontrati con la realtà di oggi: demo e cd che non vanno più, locali che ti accettano solo se porti clienti, mercato in perdita. La soluzione è arrivata quando, due anni fa, in un momento un po’ sconsolato, ho visto esibirsi per strada alcuni musicisti: ne ho parlato con Giancarlo e Marco e abbiamo così deciso di iniziare questo nuovo percorso”.

E la scelta si è dimostrata vincente: “Ora – prosegue Massimo – sono felicissimo di questa nuova impresa: mi piace avere contatto con i passanti, far conoscere la musica blues e jazz anche ai bambini, strappare sorrisi che valgono più di una moneta. E poi c’è il versante economico: in alcune zone di Milano, come Porta Genova, Largo la Foppa, piazza Castello e la Darsena, non solo c’è molto movimento ma i passanti hanno anche un cultura musicale più attenta che gli permette di apprezzare quello che facciamo. Anche se, a volte, sono solo improvvisazioni”.