NICOLA PALMA
Cronaca

L’inchiesta sul rapper Emis Killa: dal raid ai tornelli per Milan-Roma all’amicizia con il capo ultrà Lucci

Rapper indagato da Dda e Mobile per associazione a delinquere: si va verso la richiesta di processo. Il negozio di tattoo con Capuzzo, la perquisizione di settembre e il Daspo di 3 anni della Questura

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Milano – Tre anni lontano da tutti gli stadi italiani ed europei, che sia per un match di Champions o di terza categoria. Tre anni lontano da fermate di treni, metrò e autobus frequentate dai tifosi nei giorni delle partite. Tre anni via dagli esercizi pubblici in cui si ritrovano i fan del Diavolo prima delle gare al Meazza. Tre anni ad almeno 500 metri dal perimetro del centro sportivo di Milanello. Per i prossimi trentacinque mesi (uno è già passato), Emiliano Rudolf Giambelli meglio noto nel mondo del rap come Emis Killa, 35 anni compiuti lo scorso 14 novembre, dovrà rinunciare alla passione per il calcio.

Il ritiro

“Apprendo oggi (ieri, ndr) dai giornali che sono indagato (a me è stato notificato esclusivamente il Daspo, che è un atto amministrativo e non penale) e se questo corrisponderà al vero sarà importante che l’indagine faccia il suo corso e la magistratura possa lavorare in serenità senza polemiche o pressioni e circhi mediatici”, ha premesso ieri sui social il diretto interessato. In realtà, nel provvedimento di sette pagine, firmato lo scorso 23 dicembre dal questore Bruno Megale, si fa riferimento sin dall’inizio anche all’iscrizione nel registro degli indagati per l’accusa di aver fatto parte della presunta organizzazione che si sarebbe impadronita del secondo anello blu di San Siro con metodi violenti. Detto questo, l’artista ha annunciato che non salirà sul palco dell’Ariston l’11 febbraio: “Dopo 15 anni di carriera, ero felice di affrontare il mio primo Sanremo. Ringrazio Carlo Conti per avermi voluto, ma preferisco fare un passo indietro e non partecipare”.

Le accuse

“La gravità delle condotte tenute da Emiliano Rudolf Giambelli consente di formulare un giudizio di pericolosità grave, attuale e concreto che impone l’emissione di idoneo provvedimento di prevenzione volto a prevenire l’ordine, la sicurezza e l’incolumità pubblica anche nell’ambito di manifestazioni sportive”, il passaggio-chiave del Daspo. Il divieto è direttamente collegato alla finora inedita accusa di associazione a delinquere che presto potrebbe sfociare in una richiesta di processo da parte della Procura per il trentacinquenne e per altri ultrà. Sì, perché la misura ha preso linfa dall’informativa depositata il 29 novembre dagli investigatori della Squadra mobile, che, “all’esito di una rivalutazione degli elementi investigativi acquisiti” durante l’inchiesta “Doppia curva” che il 30 settembre ha portato in cella 19 persone, ha inserito Giambelli nel “sodalizio criminale Curva Sud” capeggiato dal ’Toro‘ Luca Lucci e dal fratello Francesco.

Le tappe

Il 6 dicembre, i carabinieri della stazione di Bernareggio, il Comune in cui risiede il trentacinquenne, hanno notificato al diretto interessato la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, che poi ha portato all’emissione del Daspo sulla base degli approfondimenti della Divisione Anticrimine. Dieci giorni dopo, il suo legale Jacopo Cappetta ha presentato alcune memorie difensive. Tuttavia, dalle motivazioni emerge che per via Fatebenefratelli “è pacifica la presenza” di Emis Killa “in alcune delle occasioni che hanno visto coinvolti gli esponenti della Curva Sud destinatari dell’ordinanza” eseguita quattro mesi fa.

Il raid al gate 14

In particolare, i poliziotti di Mobile e Sisco, coordinati dai pm Sara Ombra e Paolo Storari e guidati dai dirigenti Alfonso Iadevaia e Nicola Lelario, avevano già collocato Giambelli al Gate 14 di San Siro l’11 aprile 2024: quella sera, in occasione della gara d’andata dei quarti di Europa League Milan-Roma, alcuni ultrà avevano tentato di entrare allo stadio con la “doppietta” ai tornelli (un solo biglietto per due ingressi). L’intervento dello steward aveva fatto scattare la reazione di uno dei pretoriani di Lucci, Riccardo Bonissi, che lo aveva preso a pugni: a spalleggiarlo c’erano altri pezzi da novanta della Sud come Daniele Cataldo (ammanettato come uno degli autori materiali del tentato omicidio di Enzo Anghinelli), Christian Rosiello (all’epoca bodyguard di Fedez), Luciano Romano, Fabiano Capuzzo, Islam Hagag e Alessandro Sticco; tra loro, testimoniano le immagini di una telecamera, era spuntato pure Emis Killa.

Il franchising

D’altro canto, non serviva quel fotogramma per certificare il legame dell’artista con Lucci e compagnia. Basti dire che era entrato in affari con Capuzzo (precedenti per droga, rissa, lesioni e tentato omicidio) nel negozio di barberia “Italian Ink” di Monza, marchio di franchising creato dal ’Toro‘ con l’obiettivo dichiarato di generare “una miniera d’oro”. Le istantanee dell’inaugurazione, puntualmente comparse su Instagram, rimandarono la presenza del collega Jacopo Lazzarini in arte “Lazza” e di Alfonso Cuturello, ritenuto vicino al clan Mancuso di Limbadi. Altro frame: Killa e Lucci insieme in tribuna a San Siro per la prima di campionato 2023-24, con la Sud che omaggia il ritorno del grande capo con lo striscione “Il Joker ride sempre”. Per gli inquirenti, Giambelli, così come Fedez e altri artisti, era il passe-partout di Lucci per sviluppare le sue “ambizioni imprenditoriali” e aumentare “in maniera esponenziale e con pochissimi controlli i propri guadagni, avviando preliminari accordi tesi a gestire i concerti, sia sul territorio nazionale (in particolare in Calabria) sia internazionale, facendo leva sull’intraprendenza del suo fedelissimo Islam Hagag (Alex Cologno, ndr)”.

Tirapugni, taser e manganello

Già all’alba del 30 settembre, in concomitanza col blitz che smantellò i vertici del tifo rossonerazzurro, gli agenti perquisirono “presso terzi” (quindi da non indagato) la villetta del trentacinquenne a Bernareggio, trovandoci sette coltelli, tre tirapugni, uno sfollagente telescopico, un taser e 40mila euro.