Milano – L'Italia 'mette la firma' su una nuova variante di emoglobina, la proteina che viaggia nel sangue dentro i globuli rossi e ha il compito di trasportare l'ossigeno a organi e tessuti. E' stata scoperta da un team di scienziati dell'Università di Milano-Bicocca e battezzata 'Emoglobina Monza' perché è nel capoluogo brianzolo, all'Irccs San Gerardo, che è stata individuata in una bambina di origine cinese.
Causata da una duplicazione di 23 aminoacidi nel gene dell'emoglobina Hbb, la variante identificata dal gruppo di UniMiB comporta instabilità della proteina, provocando episodi di anemia emolitica acuta, soprattutto in occasione di episodi febbrili. Studiata grazie all'intelligenza artificiale e ad altre tecniche avanzate, l'Emoglobina Monza viene descritta sulla rivista 'Med' di Cell Press.
Tutto è cominciato dal caso clinico di una bimba che dopo una febbre aveva sviluppato una grave anemia emolitica, condizione patologica caratterizzata da una distruzione accelerata dei globuli rossi, a un ritmo superiore alla capacità del midollo osseo di produrli, spiegano dalla Bicocca. Le conseguenze possono essere gravi, specie in età pediatrica quando gli episodi acuti possono compromettere seriamente lo stato di salute. La piccola è stata seguita presso la Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza dalla pediatra Paola Corti e dal tecnico Amedeo Messina, che hanno realizzato che l'anemia era dovuta a una variante anomala di emoglobina con un comportamento instabile in situazioni di stress.
"Esistono varianti emoglobiniche note come 'emoglobine instabili' che tendono a essere degradate (ovvero distrutte) sotto stress fisici, come gli episodi febbrili, scatenando così crisi emolitiche - illustra Carlo Gambacorti-Passerini, direttore del reparto di Ematologia della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza e professore in Bicocca, che ha coordinato il progetto di ricerca - A causarle generalmente sono alterazioni puntiformi nella sequenza amminoacidica dell'emoglobina, che modifica la stabilità e la funzionalità della proteina stessa". Indagini successive hanno rivelato che anche la madre e i 2due fratelli della bambina presentavano la stessa variante e manifestavano episodi simili nel corso di episodi febbrili. Un'analisi genetica specifica ha mostrato che la variante non solo era inedita, ma era anche caratterizzata da una duplicazione molto lunga (23 aminoacidi) del gene che codifica la catena beta dell'emoglobina (Hbb): una caratteristica mai osservata prima in altre emoglobine instabili.
Le duplicazioni lunghe nel gene Hbb sono molto rare - evidenziano gli esperti UniMiB - e sono state sempre associate a un'altra malattia, la beta-talassemia. Infatti, si è sempre ritenuto che le lunghe duplicazioni comportino un'alterata interazione tra le due catene che compongono l'emoglobina, Beta e Alfa. L'ematologo Ivan Civettini, ora dottorando all'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, e Arianna Zappaterra, medico presso la divisione di Ematologia della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, si sono quindi chiesti come una mutazione di tale portata potesse comunque consentire all'emoglobina di mantenere una funzionalità normale, almeno in condizioni fisiologiche. "La struttura della variante emoglobinica è stata ricreata utilizzando tecniche di modeling tridimensionale e intelligenza artificiale (reti neurali), recentemente premiate con il Nobel per la Chimica", riferisce Civettini. Si è visto così che "in condizioni normali il legame tra le 2 catene dell'emoglobina è preservato, e la duplicazione si presenta come una lunga protrusione che sbatte un po' come una banderuola nel vento, al di fuori della struttura proteica dell'emoglobina. Inoltre abbiamo osservato che questa mutazione non compromette il centro attivo dell'emoglobina, dove avviene il legame con ossigeno e ferro. In sintesi, in condizioni normali, l'Emoglobina Monza resta stabile e il legame preservato tra le catene dell'emoglobina non causa beta-talassemia".
Con la febbre, però, qualcosa cambia. Per capire cosa va storto i ricercatori hanno utilizzato ulteriori tecniche computazionali avanzate, note come dinamica molecolare. E' stato ricreato un fluido con la stessa salinità del sangue umano, dove sono state inserite l'emoglobina normale e la Monza, e che è stato portato alla temperatura di 38°C, come durante un episodio febbrile. Ed ecco che, in un contesto che simulava la febbre, l'Emoglobina Monza si degradava più velocemente di quella normale, perdendo il contatto con l'atomo di ferro. Questi esperimenti sono stati eseguiti in collaborazione con Alfonso Zambon dell'Università di Modena e Reggio Emilia. "La scoperta - commenta Gambacorti-Passerini - offre nuovi spunti per comprendere meglio varianti rare di emoglobina, ma che diverranno sempre più frequenti in Italia con l'aumento di etnie diverse da quella caucasica - L'uso di tecniche computazionali moderne e l'ausilio dell'intelligenza artificiale hanno reso questo tipo di studi più rapido ed economico rispetto a metodi tradizionali come, per esempio, la cristallografia a raggi X. Un'ulteriore prova dell'importanza della collaborazione tra diverse istituzioni nella medicina moderna".