Milano, 28 gennaio 2025 – La latitanza quasi trentennale del cugino acquisito Matteo Messina Denaro finì la mattina del 16 gennaio 2023 davanti alla clinica privata La Maddalena di Palermo: la primula rossa di Cosa Nostra era lì per sottoporsi a una seduta di chemioterapia per contrastare il tumore al colon che lo stroncò otto mesi dopo. Quella di Paolo Aurelio Errante Parrino è durata molto meno, appena 48 ore, ma si è conclusa più o meno nello stesso modo: appena ha messo piede nell’ospedale Fornaroli di Magenta accompagnato dalla moglie, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino, lo hanno bloccato per notificargli l’ordine di carcerazione reso esecutivo sabato scorso dal verdetto della Corte di Cassazione.
Una telecamera ha ripreso il settantottenne mentre varca le porte del centro clinico alle 16.13 di ieri, con un borsone in mano. Come un normale paziente che deve ricoverarsi. Ora l’uomo, ritenuto dagli inquirenti il referente del mandamento di Castelvetrano in Lombardia, si trova nel reparto di Cardiologia, piantonato dai militari; poco dopo l’arresto, ha contattato il legale Roberto Grittini, che ora dovrà valutare se avanzare un’istanza di affievolimento della misura cautelare per motivi di salute legati alle patologie di cui soffre il suo assistito.
Il nome di Errante Parrino figura tra gli oltre 150 indagati della maxi inchiesta Hydra della Dda, che ha ipotizzato un’alleanza in Lombardia tra esponenti di mafia, ’ndrangheta e camorra. Il 25 ottobre 2023, il gip Tommaso Perna ha rigettato 142 richieste di arresto su 153, non condividendo l’impianto accusatorio della Procura sull’esistenza di un presunto patto tra le tre principali organizzazioni criminali del Paese. Un anno dopo, è arrivato il ribaltone del Tribunale del Riesame, che ha accolto il ricorso e riconosciuto l’associazione mafiosa contestata dal procuratore capo Marcello Viola e dalla pm Alessandra Cerreti. Il collegio presieduto dalla giudice Luisa Savoia e completato dalle colleghe Monica Amicone e Caterina Ambrosino ha disposto la custodia cautelare per altri 41 indagati (sui 79 finiti nel mirino dell’Antimafia), tra cui Errante Parrino, descritto negli atti come il presunto “punto di raccordo” tra Hydra e Iddu, di cui era diventato parente dopo aver sposato la cugina del cognato. Già condannato a dieci anni per associazione per delinquere di tipo mafioso, il settantottenne trapiantato ad Abbiategrasso sarebbe stato il rappresentante al Nord della cosca trapanese, indicato come “uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare per la realizzazione degli scopi illeciti dell’associazione”.
Secondo le indagini, Errante Parrino avrebbe anche passato a Messina Denaro “comunicazioni relative ad argomenti esiziali”, mentre era latitante, anche perché il boss avrebbe avuto un interesse diretto, stanto a quanto ricostruito dai pm, “negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo”. Un sistema a tre teste che si fondava sia sugli introiti garantiti dalle “attività più classiche”, come estorsioni e traffici di droga, sia sulle infiltrazioni finanziarie. In sostanza, i singoli componenti avrebbero “trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni di appartenenza”. Con tre figure su tutti a fare da “garanti” per le rispettive organizzazioni: Giuseppe Fidanzati per Cosa Nostra, Massimo Rosi per la ’ndrangheta e Gioacchino Amico per la camorra.