
Eugenio Boer
Milano, 4 giugno 2016 - Eugenio Boer è lo chef italo-olandese alla guida del ristorante 'Essenza' a Milano, dove propone una nuova esperienza di cucina che lo porta a riscoprire ciò che di essenziale ha lasciato il segno durante la sua formazione in giro per l’Italia e l'Europa. A 38 anni ha infatti girato numerosi ristoranti, ognuno dei quali ha lasciato un segno importante nella sua formazione culinaria. Merito degli chef con cui si è trovato a lavorare: mani che a turno lo hanno aiutato, criticato, battuto sulla spalla, apprezzato e applaudito. Oltre alle esperienze nei locali, Boer si è anche messo in gioco al Premio Birra Moretti Grand Cru, progetto di Fondazione Birra Moretti, che ha l’obiettivo di scoprire, far emergere e promuovere i nuovi talenti dell’alta cucina italiana. Il tema del contest prende ispirazione dalla tradizione di casa nostra: i partecipanti devono preparare un piatto unico appartenente alla Cucina Regionale Italiana con una delle specialità della famiglia Birra Moretti tra gli ingredienti e in abbinamento. Qui, nel 2012, il giovane chef ha ricevuto una menzione speciale per la valorizzazione della birra, per il miglior abbinamento birra/piatti preparati. Mentre, lo scorso marzo, ha vinto il Premio Birra in Cucina, giunto alla nona edizione. Un riconoscimento atteso da tutti gli amanti della birra che ogni anno, in occasione di Identità Golose, è assegnato allo chef che ha saputo meglio interpretare in modo innovativo la birra in abbinamento ai piatti o in ricettazione.
Quando e dove è iniziata la passione per la cucina?
Tantissimi anni fa, a tre anni. Mia nonna era rimasta vedova e dalla Liguria è arrivata in Olanda, dove vivevo con i miei genitori. Si era portata dietro tutto: oltre a un po’ d’Italia, anche la macchina per la pasta, le farine, le pentole. E così, mi sono ritrovato circondato da utensili da cucina di ogni tipo, rimanendone attratto fin da subito. Li preferivo addirittura ai giocattoli.
Quando è entrato per la prima volta in un ristorante?
A 12 anni, ci andavo dopo la scuola. Per questo ad oggi ho accumulato numerosissimi esperienze. Sono passato per la brigata tedesca di Kolja Keeberg da ‘Vau’ a Berlino, poi per quella siciliana dell’'Osteria dei Vespri' di Palermo da Alberto Rizzo. E ancora, dall’'Arnolfo' con Gaetano Trovato, in Colle Val d’Elsa, in Toscana. E alla 'Leggenda dei Frati di Castellina' in Chianti, con Ombretta e Filippo Saporito. Dopo sono andato in Alta Badia da Norbert Niederkofler al 'St.Hubertus' di San Cassiano. Infine ad 'Enocratica', dove ho avuto la mia prima occasione da executive chef. Poi le formule easy del 'Fishbar' e del 'MeatBa'r e ora a Milano, con il mio ristorante 'Essenza'.
Immagino che ogni posto le abbia lasciato qualcosa.
Si, negli anni mi sono arricchito molto sia per quanto riguarda le mie conoscenze in cucina sia per quanto riguarda le amicizie. Alberto Rizzo, per esempio, mi ha trasmesso la cultura del cibo e del vino, nel senso della convivialità a tavola. Infatti, con lui non si parlava solo di piatti, ma dell’intera proposta ristorativa. Accanto a Gaetano Trovato, invece, ho imparato l’eleganza e l’armonia. Mi ha insegnato a sfruttare le materie prime cercando di esaltarle in tutte le loro sfumature. Con Ombretta e Filippo Saporito ho approfondito le mie conoscenze del territorio toscano, mentre con Norbert Niederkofler mi sono innamorato della montagna e ho visto la forte personalità di uno chef e la grande e minuziosa organizzazione di una cucina. Mi piace farmi coinvolgere dalle persone che incontro. La storia personale di ognuno di noi è la storia di un territorio e di un percorso.
Già molto impegnato e già esperto, perché ha deciso di partecipare al Premio Birra Moretti Grand Cru?
Ho trovato interessante che Birra Moretti volesse valorizzare la birra in Italia. Sono italo-olandese ed in Olanda la birra si beve come qui si beve il vino. Mi fa piacere che anche qui la birra diventi parte integrante della cultura gastronomica italiana.
E com’è andata?
Nel 2012 ho vinto il Premio Menzione Speciale, riuscendo a coordinare i sapori in due ricette: il dessert ‘Topinambur’ con cioccolato bianco arancia e marroni, con birra nella preparazione e nell’abbinamento (nella foto a destra). E un secondo, il ‘Piccione, la foresta nera’, dove la birra ha inondato le carni,ha contribuito laccare i cosciotti, ha colorato le superfici e ha aiutato nella cottura.
Ma non si è accontentato.
Nel marzo scorso, ho ricevuto il Premio Birra in Cucina, giunto alla nona edizione. Un riconoscimento atteso da tutti gli amanti della birra che ogni anno, in occasione di Identità Golose, è assegnato allo chef che ha saputo meglio interpretare in modo innovativo la birra in abbinamento ai piatti o in ricettazione.
Consiglierebbe ai giovani chef e aspiranti chef di partecipare al concorso?
Porto nel cuore quella menzione speciale e consiglierei a tutti i ragazzi di mettersi in gioco. Non a caso, quest’anno parteciperà un giovane che lavora nel mio ristorante. E’ un ottimo trampolino di lancio e un modo per farsi conoscere e conoscere nuove persone. Inoltre, è importante per confrontarsi e crescere. Birra Moretti e ora Fondazione Birra Moretti stanno dando una grande opportunità ai giovani e non dovrebbe essere sprecata.
E ai ragazzi che desiderano intraprendere questo percorso?
E’ uno di quei lavori che ti occupano talmente tanto la vita che spesso mi domando se sono io ad averlo scelto o lui ad aver scelto me. Serve sacrificio e grandissima dedizione, perché stare in cucina toglie tanto tempo che potremmo trascorrere in famiglia o con gli amici. Inoltre, è importante non dimenticare che si sta facendo da mangiare per qualcuno che sta aspettando qualcosa da noi. Dobbiamo mettercela tutta per dare soddisfazione ai nostri ospiti. Io cucino anche nel tempo libero perché amo farlo e il ristorante è la massima forma di ospitalità e accoglienza che esista.
Al Premio Birra Moretti ha cucinato con un ingrediente molto familiare, lo usa spesso?
Bè, la birra in Olanda si beve e usa molto. Quindi non era la prima volta. Però, nella mia cucina c’è una fusione di tre culture: italiana, francese e olandese. Essendo io frutto di una contaminazione, lo sono anche i miei piatti. Inoltre, ho la fortuna di avere una memoria gustativa molto forte che mi serve per accantonare sapori e sensazioni che poi rivivono nel mio oggi e di conseguenza nei miei piatti. Quello che vivo lo porto a tavola.
Tre aggettivi per definire la sua cucina?
Non dovrei essere io a dirli, ma chi assaggia i mie piatti. Di certo la mia è una cucina molto emozionale e che guarda solo al futuro perché conosce bene il passato. Conoscere le tradizioni serve per fare una buona cucina d'avanguardia. Se non hai solide base diventa difficile arrivare da qualche parte.
Se Eugenio Boer fosse un piatto? E una birra?
Il piatto non saprei perché potrei identificarmi in qualsiasi cosa visto che amo cucinare tutto. Ma come birra sarei una bionda chiara, da bere sempre.
Al momento c’è 'Essenza' in via Marghera, come sta andando?
A Milano mi trovo molto bene. Ed 'Essenza' è il luogo dove io e quelli che ne fanno parte ci esprimiamo. Inoltre, andiamo tutti nella stessa direzione: far stare bene i clienti.
Progetti per il futuro?
Per avere 38 anni ne ho fatte di cose. Spero di continuare a fare bene il mio lavoro e a credere in quello che sto facendo. Sicuramente vorrei riuscire a fare qualcosa perché non si dimentichi la vera essenza della cultura gastronomica in Italia. Noi chef non siamo nutrizionisti, ma custodi di antiche tradizioni che non dovrebbero essere dimenticate. Alta ristorazione, trattorie, locali etnici, ognuno porta la sua cultura ed è la cosa che più conta e su cui dovremmo puntare. Il mondo va veloce e tutti hanno fretta. Anche di riempirsi la pancia. Ma farlo con un panino alla mortadella è molto meglio che farlo con una merendina confezionata.
di MARION GUGLIELMETTI