
Lo stabilimento de La Rosa a Palazzolo Milanese (un altro è a Varedo)
Milano, 4 marzo 2018 - I 150 manichini per la mostra «Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971-2001», fino al 6 maggio a Palazzo Reale, li ha fabbricati La Rosa, storica ditta di Palazzolo Milanese. Hanno iniziato nel 1922 con resina, cartapesta e volti ripresi dalle dive del muto. Ora fanno mannequin invisibili: vedere, per credere, la tuta-ventaglio plissettata di Krizia sospesa come in una navicella spaziale. «Tutta l’attenzione è per l’abito. Il manichino deve in qualche modo sparire», spiega Gigi Rigamonti. Sua madre Rachele è stata una pioniera dell’imprenditoria femminile: nel ‘69 rilevò la «Rosa» dal commendator Giovanni Rosa, e col nome de «La Rosa Mannequins» fece il grande balzo, col boom della moda italiana. «Gianni Versace ci chiese d’ispirarci ai busti delle statue classiche per la mostra “L’abito per pensare” al Castello Sforzesco, nell’89. Milano era interessante», rievoca Gigi, l’artista di famiglia. Ora si concentra sulle sue personali astrazioni, dipinti e sculture.
Il timone dell’azienda, dal 2000, lo ha passato al figlio Mattia. Ed è lui la guida nello stabilimento: «Qui hanno girato una scena del film “I Girasoli”, con Sophia Loren che faceva l’operaia. Quando c’era il laboratorio di verniciatura (poi trasferito a Varedo, ndr) ci venivo a giocare. I manichini stoccati nelle stanze buie m’impressionavano: credevo si animassero. Così mi sono appassionato, se non innamorato, di questo lavoro. E resto in Italia. Con una sessantina di dipendenti». Come abbatte i costi? «Automatizzando il 70% del processo produttivo. L’artigiano scultore crea a mano il prototipo, che diventa modello 3D, caricato su macchine fresatrici a controllo numerico per fare gli stampi di alluminio su misura. Serviranno per la produzione seriale di manichini in polistirene, plastica completamente riciclata e riciclabile. Impiegando energia rinnovabile».
Più il tocco dell’artigianalità nella rifinitura: da «Maestros», come è riconosciuto nell’omonimo progetto Samsung che ha inserito i manichini La Rosa tra le eccellenze 100% Made in Italy. Modelli standard e altissima gamma (da 900 a qualche migliaio di euro ciascuno), esportati per l’80%. Incantano i clienti Usa dei grandi magazzini Macy’s, quelli giapponesi di Fendi. Anche i reparti e i depositi a Palazzolo incantano: ci sono le maschere per personalizzare le figure, il piede brevettato (anche se poi lo copiano) per il tacco da 0 a 12; da uno stampo originale anni ’60, una lady con vita snodata che sembra Jackie Kennedy. Immenso l’inventario di corpi perfetti (taglia 38/40 la donna, 48/50 l’uomo): «Ci hanno chiesto un manichino no gender, ma io immagino piuttosto un’evoluzione fantascientifica», dice Rigamonti e indica il “Realistic Robot”, massima espressione di tecnologia e manualità. Oltre al vintage, La Rosa ha in catalogo il futuro.