Trezzo sull’Adda (Milano), 14 gennaio 2025 – “Sono ancora qui per miracolo: sto imparando a convivere con i traumi fisici e psicologici, ho trovato un lavoro ma non sarò mai più la stessa persona di prima”. La vita di Fabio Ferrara, 45enne di Trezzo sull’Adda, è rimasta sconvolta tre anni fa, il 5 gennaio 2022, quando è rimasto vittima di un gravissimo infortunio sul lavoro, schiacciato sotto un peso di 1.200 chili nei magazzini di una azienda brianzola che produce flaconi e confezioni in plastica per la cosmetica. È rimasto tre giorni in coma e, dopo il risveglio, è iniziato il suo calvario. Ha perso il lavoro, perché il contratto con l’agenzia interinale non gli è stato più rinnovato, è stato abbandonato, trattato “come un oggetto che ha smesso di funzionare”. E ora, con un nuovo impiego a tempo indeterminato in un’altra azienda nel milanese, lancia un appello: “Sulla sicurezza non si può scendere a compromessi, mi metto a disposizione per portare la mia esperienza nella scuole, per parlare ai più giovani”.
Sul dramma degli infortuni non c’è una inversione di tendenza. Quel è, secondo l’esperienza che ha vissuto sulla sua pelle, la causa?
“Ci sono sicuramente, come nel mio caso, lacune nella gestione interna della sicurezza. Pur essendoci dei preposti, degli organigrammi compilati, nessuno si occupa di controlli e attività di prevenzione. La macchina si attiva solo quando si verifica un infortunio, quando invece i controlli dovrebbero essere fatti a monte e le procedure interne dovrebbero essere in grado anche di prevenire eventuali errori umani. Le aziende sanno perfettamente quello che andrebbe fatto, solo che non agiscono anche per un problema culturale che ancora esiste in Italia”.
Dopo tre anni quali sono le conseguenze fisiche e psicologiche sulla sua persona?
“Convivo con una invalidità del 55%, ho un perno nella gamba e due vertebre ricostruite, oltre ai danni al nervo ottico. A 45 anni non posso spostare pesi rilevanti senza l’aiuto di qualcuno, mi sono preclusi i normali lavori domestici che ogni uomo della mia età svolge tranquillamente. La mia vita è cambiata anche dal punto di vista psicologico: ho problemi di insonnia, stress, rabbia per quello che è successo. Sto seguendo una terapia, ma so che il disagio non se ne andrà mai. Intanto, iscrivendomi alle categorie protette, ho trovato un lavoro come impiegato commerciale e amministrativo, sto cercando di ricominciare”.
Ha ricevuto un indennizzo dopo l’infortunio?
“Ho dovuto attendere quattro mesi perché mi fossero riconosciuti 800 euro al mese. L’assicurazione dell’azienda ha presentato dopo quasi tre anni una proposta risarcitoria. Io l’ho accolta con riserva, anche perché la mia intenzione è quella di portare a processo l’azienda, non voglio che venga cancellato tutto con un colpo di spugna. Hanno cercato di far passare la tesi del concorso di colpa: per fortuna ho conservato tutte le email con cui più volte avevo segnalato ai responsabili quei problemi di sicurezza che infine hanno messo a rischio la mia vita. Mi farebbe piacere rendere utile la mia esperienza, trasmettere un insegnamento anche ai più giovani, come mio figlio che ha vent’anni e frequenta l’università”.
Quale consiglio gli rivolge?
“Dico a mio figlio di non accettare compromessi, di non stare zitto se sul luogo di lavoro qualcosa non va. Il precariato è un ricatto, perché io e tanti altri interinali abbiamo sempre convissuto con la paura del mancato rinnovo del contratto. Bisogna superare questa paura, cercare di reagire”.