ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Da facchino a grossista, la favola (vera) di Ayman: "Lavoravo 18 ore al giorno. Ora ho tredici dipendenti"

Zidane è arrivato a Milano vent’anni fa: "Ero il primo egiziano dell’Ortomercato. Con tanti sacrifici sono diventato imprenditore. E qui ho trovato anche l’amore"

Ayman Zidane, 44 anni, da fachino a imprenditore all'Ortomercato

Ayman Zidane, 44 anni, da fachino a imprenditore all'Ortomercato

Milano, 30 giugno 2024 –   Gli inizi , appena arrivato a Milano, oltre 20 anni fa, sono stati proverbialmente non facili. "I miei capi mi dicevano:”’Ehi tu nero viene qui a pulire”. Perché parlavano così? Boh. Dopotutto ero l’unico facchino egiziano dentro l’Ortomercato, forse agli inizi anche loro avevano subito lo stesso trattamento. Ho sempre incassato bene, ad ogni modo, non sarebbe servito a nulla sprecare le mie energie nel livore. Sapevo in cuor mio che diventare imprenditore sarebbe stata la mia rivincita".

Quella di Ayman Zidane, 44 anni, è una bella storia di integrazione: grazie alla sua "testa dura", come dice lui, (ma anche all’intelligenza e al fiuto per gli affari, aggiungiamo noi) è diventato, da oltre dieci anni, un importante grossista di frutta e verdura.

Fra i banchetti sotto l’insegna Zidan Ortofrutta, nell’immenso terminal B dell’Ortomercato, ha alle sue dipendenze tredici persone. "Da me lavorano ragazzi italiani e stranieri che arrivano dall’Africa e dal Sud America. La parola d’ordine è rispetto. Non ho mai pensato di pareggiare i conti col destino umiliandoli. Li pago anche piuttosto bene. Però per mio figlio, che ha 16 anni, desidero un’altra vita: vorrei che si laureasse e diventasse un avvocato", dice il grossista.

Ci racconti qualcosa delle sue origini.

"Sono nato nella zona di Gharbiyya, vicino a Il Cairo, 44 anni fa. Non sono venuto in Italia col barcone ma con regolare visto per migliorare le mie condizioni. Era il 2002. Allora non spiccicavo una parola di italiano, quindi l’unico lavoro che potessi fare era di fatica: carico e scarico merce dentro l’Ortomercato. A un certo punto però il mio visto è scaduto, la burocrazia ci ha messo del suo e mi sono ritrovato di punto in bianco clandestino. Un incubo durato un anno. Fortuna vuole che la buonanima dell’allora premier Silvio Berlusconi apra il primo decreto flussi: così sono stato regolarizzato".

Tutto bene quel che finisce bene?

"Magari. Non è stata una passeggiata. Lavoravo dalle 22 di notte alle 16 del giorno dopo per mille euro al mese, dormendo poche ore. Cercavo di risparmiare il più possibile e di arrangiarmi con frutta e verdura che mi regalavano… Al bar non ci andavo mai, niente sfizi".

La vera svolta?

"A furia di fare la formichina ho messo via 20mila euro: ma non bastavano comunque per partecipare al bando che Sogemi aveva indetto nel 2013, per l’assegnazione di uno spazio. Così ho sottoscritto un prestito di 30mila euro alle Poste. Ho cercato di indirizzarmi subito su un’area di mercato con domanda inevasa, come dicono quelli che hanno studiato".

Tradotto?

"Mi sono messo a importare prodotti ortofrutticoli esotici che gli stranieri che vivevano in Italia cercavano ovunque, senza trovarli. Come la variante africana del cetriolo, che è una versione mini di quello italiano ma dal sapore più dolce. O il frutto della pianta Cherimoya, originaria del Sud America ma adesso coltivata anche in Calabria, rinomato per le sue proprietà antiossidanti, nonché come ’Viagra naturale’. Va a ruba. Molto richiesto è anche il frutto del Drago che è una ’bomba’ di vitamine. In generale su frutta e verdura cerco di adottare la politica dei prezzi bassi. Anche se i margini sono ridotti, mi rifaccio sui volumi: ho tanti italiani nel mio giro di clienti. Per inciso, è italiana pure mia moglie che ho conosciuto qui dentro. Il mercato all’ingrosso, oltre a darmi un lavoro, mi ha fatto conoscere cos’è il vero amore".