Rischia fino a 10 anni di reclusione Mohamed Nosair, 49 anni, egiziano naturalizzato italiano abitante a Sesto San Giovanni, imputato di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo nel processo che si è aperto ieri davanti alla Corte di assise di Monza. Con lui lo scorso ottobre era stato arrestato il connazionale Alaa Refaei, 44 anni, muratore residente a Monza, che invece ha scelto di venire processato con il rito abbreviato al Tribunale di Milano. Si ritiene che i due si siano associati al gruppo terroristico dell’Isis, a cui hanno giurato fedeltà. Refaei avrebbe anche tentato di indottrinare il figlio minorenne.
"Oh scimmie e maiali, i monoteisti vi sgozzeranno come le pecore", uno dei messaggi ritrovati sui profili Facebook dei due arrestati. L’operazione è stata condotta dalla Digos di Milano e coordinata dal pm milanese Alessandro Gobbis secondo cui tra i due arrestati c’è stata "condivisione di video violenti, visualizzati da varie utenze di cui molte collocate in nazioni del Medioriente". Secondo l’accusa gli imputati erano "estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitale per conto dell’Isis, mettendosi a disposizione dell’organizzazione e finanziando cause di sostegno della stessa, alla quale avrebbero prestato giuramento di appartenenza e di fedeltà". Accuse negate dai due egiziani, che apparentemente vivevano entrambi una vita tranquilla con le rispettive famiglie. "Sono solo leoni da tastiera", aveva commentato uno dei loro legali.
Ieri davanti alla Corte di Assise di Monza il dibattimento si è aperto con l’imputato Mohamed Nosair collegato in aula in videoconferenza dal carcere di Rossano Calabro, in compagnia del suo difensore, l’avvocato Vittorio Platì del foro di Catanzaro. Il difensore inizialmente ha chiesto la nullità del decreto di giudizio immediato firmato dalla Procura per un errore materiale corretto senza notificare nuovamente l’atto all’imputato, ma la Corte presieduta da Carlo Ottone De Marchi con a fianco la giudice Valeria Tiengo ha respinto l’eccezione preliminare. Si è quindi passati alle richieste di ammissione delle prove da parte di accusa e difesa.
"La pubblica accusa contesta la partecipazione all’associazione terroristica dell’Isis per la pubblicazione di contenuti sui social che inneggiavano ad atti di guerra – ha spiegato il pm Alessandro Gobbis –. Un reato di pericolo perchè qualche lupo solitario può prendere un furgone e uccidere civili inermi come successo a Nizza e in Germania". Il pm non contesta nè il finanziamento, nè l’istigazione, ma per il solo reato di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo si rischia da 5 a 10 anni di carcere. Accusa negata dall’imputato, assistito da un interprete in lingua araba, a cui già ieri cercava di spiegare perchè si proclama innocente. Ma il processo entrerà nel vivo a giugno con le testimonianze degli investigatori.