ANNA GIORGI
Cronaca

La fabbrica delle fake news: “Impagnatiello evirato". Scommesse clandestine sulle violenze in cella

L’allarme del garante dei detenuti, Francesco Maisto: bufale create per fare soldi. "Minacce agli avvocati e tempeste social sulle sentenze, perso il senso della legalità e della pena”

Alessandro Impagnatiello, Alessia Pifferi e Davide Fontana

Milano – Un mercato di ricche “scommesse clandestine“ dietro casi molto mediatici, come quello di Alessandro Impagnatiello ad esempio, il barman di Senago che ha ucciso con 39 coltellate la fidanzata Giulia Tramontano di 29, incinta di suo figlio Thiago e la fake news sulla sua evirazione in cella che sarebbe avvenuta ad opera degli altri detenuti. Una notizia falsa divenuta virale.

E ancora scommesse sulle botte in carcere ad Alessia Pifferi, la mamma che lasciò morire di fame e di sete la sua piccola Diana di 18 mesi o ancora sull’eventuale violento trattamento in carcere riservato a Davide Fontana, il bancario foodblogger divenuto killer della modella Carol Maltesi a cui sono stati inflitti ‘solo’ (per gli hater) 30 anni.

Francesco Maisto, lei è il garante dei detenuti del Comune di Milano ci può spiegare di cosa si tratta, cosa è e come nasce questo fenomeno delle scommesse?

"È un reato nel reato sul quale sta indagando la procura di Milano con l’aiuto della polizia postale. Non posso parlare del caso specifico, ad esempio di Impagnatiello o di altre indagini coperte da segreto istruttorio perché i fascicoli sono stati aperti ora, ma il meccanismo è il seguente: si diffondono notizie false legate a un vecchio retaggio sul “malcostume carcerario“ e su questa base si aprono scommesse che viaggiano nel deep web. Per essere chiari: dalla diffusione studiata a tavolino di queste fake che fanno molto presa sui social c’è qualcuno che ci guardagna, è una complessa rete criminale, agli investigatori il compito di scoprire chi c’è dietro, da chi è composta e come si muove questa rete".

Ricordiamo il caso della mamma Alessia Pifferi in cui la sua difesa fu addirittura minacciata per aver accettato l’incarico. L’odio via web e le minacce ai legali sono un fenomeno in crescita per via dei social?

"Più che altro sono un fenomeno nuovo che si è sviluppato con i social, non ricordo che avvocati nel passato abbiano mai subito attacchi di questo genere, non ricordo che siano mai arrivate minacce di morte. E specifico che gli avvocati che difendono gli assassini e altri reati gravissimi sono sempre esistiti. Tutti coloro che commettono reati hanno il diritto di essere difesi da un avvocato di fiducia o da un avvocato d’ufficio e da questo punto fermo non si scappa".

Come spiega, quindi, questa crescente ondata di odio?

"Sono due gli aspetti che vanno considerati: il primo è la sempre più scarsa percezione e il sempre minor rispetto della legalità e il secondo aspetto è la sfiducia della maggior parte delle persone nei confronti della quantità e della qualità della pena inflitta, quindi del lavoro dei giudici. Quante volte si sente dire, ad esempio, che la quantità di pena inflitta ad un colpevole di omicidio o di un altro reato grave è troppo bassa? Questo, fra l’altro, senza conoscere i meccanismi di legge che portano alla determinazione del calcolo preciso degli anni di pena da infliggere".

Lei parla di vecchi retaggi sul malcostume di “punire i carcerati“. Esclude che ci possano essere oggi comportamenti di vendetta nei confronti dei rei?

"I colpevoli di tali reati, gli assasini citati prima, ad esempio, proprio per le circostanze di pericolo vengono messi in un raggio carcerario protetto, isolati e sorvegliati. Un regime di detenzione sicuro, che attenzione, non significa che sono “coccolati o privilegiati. Escludo, quindi, che ci possano essere comportamenti di tale gravità messi in atto da persone che ne condividono, poi in un momento successivo, gli spazi di dentenzione".