Milano, 24 ottobre 2016 - Il sito sembra (o meglio sembrava fino a pochi giorni fa) quello di un ateneo come tanti altri. Persino i due indirizzi internet (sono rimasti entrambi) sono molto simili a quelli della Statale: www.unipmi.org e unimiliano.org. Per non parlare del resto della homepage, con tanto di studenti con cappello e toga da neo-dottori. Peccato che l’Università Popolare di Milano non sia un polo accademico riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione: quelli che propone ai suoi iscritti sono corsi di formazione con attestato finale, non lauree e master. In due parole: pubblicità ingannevole, per l’Antitrust. "Le informazioni adoperate sin dal primo contatto commerciale – si legge nel provvedimento dell’Authority – rendono la pratica commerciale idonea a indurre i consumatori a ritenere erroneamente che il professionista sia un’istituzione di rango universitario". Conseguenza: multa da 50mila euro e divieto di continuare a diffondere quei contenuti.
Non è la prima volta che l’Università popolare, sede in viale Tunisia, finisce nel mirino. Sì, perché il Ministero dell’Istruzione ha già diffidato in due occasioni l’ente: "Millanta il riconoscimento come Università degli Studi e l’autorizzazione a rilasciare titoli accademici aventi valore legale in Italia". Dal canto loro, i vertici del fantomatico ateneo hanno sempre sbandierato una presa d’atto datata 14 ottobre 2011 da parte dell’allora sottosegretario del Miur che riconosce all’Università Popolare (ce ne sono altre nel nostro Paese sin dai primi del Novecento) la possibilità di rilasciare titoli accademici per conto delle affiliate University of United Popolar Nations con sede a Ouagadougou (capitale del Burkina Faso) e Università di Stato Bouakè (in Costa d’Avorio).
Ecco come la pensa l’Antitrust: "Né la circostanza che il professionista abbia stipulato degli accordi di collaborazione con Università africane né tantomeno il contenuto della presa d’atto del Ministero valgono a connotare, nell’ordinamento italiano, la natura e le qualifiche del professionista nei termini prospettati dalle espressioni e informazioni contenute nella campagna pubblicitaria diffusa in rete dall’Università Popolare di Milano attraverso i propri siti internet". La conclusione è sempre la stessa: "Pratica commerciale idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori". Sul suo sito, i responsabili dell’ente senza scopo di lucro hanno preso atto della decisione in una lettera aperta ("Ci uniformiamo ai dettami richiesti"), pur sottolineando: "A conferma della bonarietà delle nostre iniziative e della veridicità della nostra campagna, seppur censurati sotto il profilo della rappresentazione delle informazioni sui nostri siti, non è mai stata in discussione o contestata la possibilità che la nostra università possa svolgere e continuare a svolgere attività accademica né che i titoli rilasciati sono legittimi». Come dire: accettiamo lo stop, ma andiamo avanti.