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Milano - L’arresto per un reato da strada, da ladruncolo alle prime armi: concorso in furto con destrezza aggravato in flagranza. Uno scippo qualsiasi, a 48 ore dal Natale del 2018. Quel giorno, i carabinieri del Radiomobile ammanettano a Milano l’algerino Tomi Mahraz, nato il 12 agosto 1985 e residente a Bruxelles, in Belgio. Portato al centro di permanenza per il rimpatrio di Torino con ordinanza del questore, Mahraz è destinatario di un provvedimento di espulsione del prefetto. In realtà, quell’uomo è nato sì nel 1985, ma l’8 dicembre e non il 12 agosto. È algerino sì, ma non si chiama Toni Mahraz, bensì Athmane Touami, come accertato dalle impronte inviate dall’estero per l’identificazione. Chi è? Un soggetto "indicato in segnalazioni Interpol e Schengen delle autorità britanniche e francesi per attività correlata al terrorismo". Di più: Touami, nel frattempo trasferito al Cpr di Bari, è ritenuto dagli investigatori d’Oltralpe "persona pericolosa per la sicurezza dello Stato francese dalla Direzione generale sicurezza interna (Dgsi) perché aderente a un movimento islamista radicale e in grado di recarsi in Siria/Iraq al fine di fornire supporto logistico, nonché coinvolto negli attentati terroristici avvenuti a Parigi nel 2015". I dettagli su Touami emergono dal provvedimento di fermo emesso dal capo della Dda di Bari Francesco Giannella e dal pm Federico Perrone Capano: negli atti, che lo accusano di essere un componente di una cellula jihadista con base tra Francia e Belgio e che ne hanno impedito l’imminente scarcerazione (il 19 giugno prossimo) dopo aver scontato due anni di reclusione per il possesso di un documento falso, i magistrati lo inseriscono a pieno titolo (con i fratelli Lyes e Medhi) nella rete di falsari che nel novembre del 2015 fornì documenti contraffatti agli attentatori del Bataclan.
Una settimana dopo gli assalti in contemporanea nella sala per concerti (90 morti), allo Stade de France e in alcuni ristoranti, si legge nelle carte dell’indagine barese, la polizia francese perquisì l’abitazione di Mehdi Touami e della moglie. E in quella casa, in un armadio a muro della camera matrimoniale, viene trovata la prima traccia che ricollega Athmane a Milano: in una borsa, "la cui disponibilità" viene "attribuita dagli investigatori francesi" proprio all’algerino classe ’85, vengono trovate, tra le varie cose, due patenti e due carte d’identità con le foto di due persone che risultano entrambe nate a Milano. In realtà, si tratta dei volti di Touami e dell’amico Fatah Mechkarini (alias Adem Sifiri), bloccati qualche mese prima dalla polizia di frontiera di Modane su un treno partito da Parigi e diretto nel capoluogo lombardo. E i legami con Milano del presunto terrorista, che si sarebbe radicalizzato alla moschea londinese di Finsbury Park, non si fermano qui. Sì, perché nella sua rubrica telefonica è finita sotto osservazione l’utenza – "emersa in un’indagine del Compartimento polizia postale di Torino e della Digos di Milano" – associata a una donna residente a San Donato Milanese con "precedenti di polizia per reati contro il patrimonio e per reati contro la persona" e madre di una minorenne indagata per terrorismo e di due ragazzi "dimoranti in Francia, con orientamento salafita, ritenuti radicalizzati".
Nel fermo si parla diffusamente dei fratelli di Athmane, Medhi e Lyes: il primo è stato condannato in Belgio a 16 anni per associazione terroristica, mentre il secondo è morto in Siria combattendo come foreign Fighter. Il trentaseienne algerino sarebbe rimasto in continuo contatto con loro, ritenuti a capo della "rete di falsificatori di documenti che ha supportato le varie organizzazioni terroristiche internazionali che si sono susseguite sulla scena mondiale ed europea in particolare".