Facevano soldi sulla pelle dei migranti. È stata condannata in primo grado a 11 anni di carcere Daniela Giaconi, arrestata due anni fa perché accusata di aver gestito un sistema basato su 4 onlus che avrebbero falsificato documenti per ottenere la gestione dell’accoglienza di centinaia di migranti, a cui veniva dato poco o nulla. Ciò che interessava, secondo i giudici, era solo "lucrare" sull’emergenza. Le accuse, nell’indagine coordinata dal pm Gianluca Prisco, sono associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, autoriciclaggio.
La sentenza della quarta sezione del tribunale ha inflitto ieri altre nove condanne tra i 4 e 9 anni di reclusione. A parte Giaconi - che avrebbe gestito le onlus Volontari senza frontiere, Milano Solidale, Amici di Madre Teresa Giuliani e Area Solidale come una vera associazione per delinquere con base tra il capoluogo lombardo, Lodi e Pavia - sono state condannate a 7 anni Letizia Barreca e a 8 anni e 3 mesi Sandra Ariota, ritenute sue complici. Le tre donne, i rappresentanti legali e i prestanome delle finte onlus avrebbero usato per scopi personali oltre 4,5 milioni di euro (Giaconi si era comprata un negozio a Milano confiscato dai giudici) sul totale di circa 7,5 milioni ottenuti illecitamente dalle onlus partecipando, tra il 2014 e il 2018, a bandi indetti per la gestione dei migranti dalle Prefetture di Lodi, Parma e Pavia. Parte civile nel processo, il Ministero dell’Interno che ha ottenuto una provvisionale di risarcimento di 200mila euro. I giudici hanno disposto confische per un totale di quasi 9 milioni.
L’indagine, che nel luglio di due anni fa aveva portato agli arresti, ha svelato uno scenario di malaffare sulla pelle dei richiedenti asilo.
Al telefono, Giaconi e i suoi complici intercettati cercavano una scusa da comunicare alla prefettura per il ritardo nell’invio della documentazione: "Posso dirle che c’è un po’ di confusione nell’archiviazione dei documenti? O che abbiamo difficoltà nel recuperarli…", azzardava il collaboratore. "Qua son fogli di carta, o ci sono o non ci sono", ribatteva Giaconi. "E invece - ammetteva ancora l’altro - qua non sanno che ce li stiamo inventando tutti…". "Devi dire una cavolata", incalzava l’altra.
E ancora, in merito alle fatture false emesse per giustificare le spese: "Guarda che se fanno un controllo incrociato andiamo tutti in galera questa volta! Tutti!", mandava a dire un’altra dei condannati di ieri. Del resto le consulenze di psicologi, criminologi e avvocati millantate dai rappresentanti delle onlus di fronte ai funzionari delle prefetture erano solo bugie: nelle strutture non c’erano professionisti a disposizione dei migranti. La banda di presunti truffatori avrebbe anche garantito supporto economico a condannati per associazione mafiosa e uno stipendio senza alcuna prestazione lavorativa, consentendo loro di richiedere con documenti falsi le misure alternative alla detenzione.