REDAZIONE MILANO

L’amico di Ramy Elgaml a processo per spaccio: Fares Bouzidi, sorpreso con 6 grammi di hashish, chiede la messa alla prova

Il 22enne rimasto gravemente ferito la notte dell’inseguimento in cui è morto Ramy dovrà affrontare i giudici per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e omicidio stradale che gli sono contestati. Sull’affidamento ai servizi sociali il gup si pronuncerà a febbraio

Lo scooter sul quale viaggiavano Fares Bouzidi e Ramy Elgaml dopo lo schianto contro un palo all'incrocio fra via Ripamonti e via Quaranta

Lo scooter sul quale viaggiavano Fares Bouzidi e Ramy Elgaml dopo lo schianto contro un palo all'incrocio fra via Ripamonti e via Quaranta

Milano, 21 gennaio 2025 – Ha chiesto la messa alla prova perché è stato sorpreso con circa sei grammi di hashish Fares Bouzidi, il 22enne rimasto ferito nell'inseguimento tra scooter e carabinieri del 27 novembre scorso a Milano, che ha portato all'incidente in cui è morto il suo amico 19enne Ramy Elgaml. Con stampelle e un giaccone pesante, accompagnato dal suo difensore, Debora Piazza, il giovane in tarda mattinata si è presentato, quasi a sorpresa, davanti al giudice per le udienze preliminari Lorenza Pasquinelli. Per lui l'accusa è detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, fatto commesso nel settembre 2022.

Il pubblico ministero Giancarla Serafini, oggi di turno per le udienze all'ufficio gip/gup, e anche tra i titolari del fascicolo sull'inseguimento in cui lo stesso Fares è indagato per resistenza e omicidio stradale, reato quest'ultimo contestato a un carabiniere, mentre altri due militari rispondono di favoreggiamento e depistaggio, ha dato parere negativo all'istanza della messa alla prova. Il giudice si è riservato di decidere e ha rinviato al prossimo 11 febbraio. Il 18 dicembre a Bouzidi erano stati revocati gli arresti domiciliari, decisione presa dal gip Marta Pollicino, che aveva motivato la sostituzione con una misura cautelare meno afflittiva sia per motivi terapeutici sia perché ritiene che si siano affievolite le esigenze cautelari.

A sinistra, alcune fasi dell'inseguimento. A destra, Ramy Elgaml
A sinistra, alcune fasi dell'inseguimento. A destra, Ramy Elgaml

L’inseguimento e le polemiche

Bouzidi è, ormai da due mesi quasi, al centro del dibattito per l’inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre per le strade di Milano, che si è concluso con lo schianto all’incrocio fra via Ripamonti e via Quaranta dove ha trovato la morte Ramy Elgaml. C’era infatti lui alla guida dello scooter che si è fatto inseguire per quasi dieci chilometri da corso Como fino in via Ripamonti. Sulle modalità di quell’inseguimento, se siano state rispettate o meno regole e condotte Sul caso Ramy, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi prende le distanze dalla parole di Franco Gabrielli – consulente per la sicurezza del sindaco Giuseppe Sala ed ex capo della Polizia – e anche da quelle del primo cittadino milanese. 

Ramy Elgaml, in un'immagine tratta dal suo profilo Facebook
Ramy Elgaml, in un'immagine tratta dal suo profilo Facebook

Piantedosi: “Tutto nella norma”

Il numero uno del Viminale, tuttavia, ha fornito una versione distinta e distante da quella dei vertici del Comune sull’inseguimento dei carabinieri alla scooter: "Giudicherà l’autorità giudiziaria – è stata la premessa del ministro –. I carabinieri hanno consegnato tutti i video, altri valuteranno quello che è successo. Io ho difficoltà a concepire un inseguimento, modalità operativa che è consentita ed in certi casi prescritta alle forze dell’ordine, che si possa svolgere senza inseguimento". Parole, queste ultime, riferite a quanto detto da Gabrielli lo scorso 9 gennaio ("quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento, perché c’è pur sempre una targa, un veicolo"). L’ex capo della Polizia aveva fatto capire che i militari avrebbero potuto semplicemente rilevare la targa dello scooter e non insistere con l’inseguimento per oltre otto chilometri.