Milano, 9 maggio 2020 - Un «cruscotto di sorveglianza ", evoluzione di quello che in fase 1 è stato usato per i dati quotidiani sulla diffusione del coronavirus, per condividere tra Ats, medici e anche Comuni le informazioni su contagiati e contatti, presa in carico sanitaria, localizzazione dei casi per individuare eventuali concentrazioni, anche a livello di quartiere. Sarà questa, in futuro, l’architrave della “nuova sanità” in convivenza col coronavirus che la delibera approvata giovedì dalla Regione inizia a delineare. Per anticipare la battaglia fuori dagli ospedali, individuando per tempo i casi sospetti, diagnosticando e curando tempestivamente, tracciando contatti e isolando per soffocare eventuali focolai.
Le nuove regole che debuttano lunedì impongono a ogni medico di segnalare i sospetti infettati (e a ogni operatore sanitario di segnalarli al suo medico di riferimento) attraverso lo sMAINF, Sistema di segnalazione delle malattie infettive cui si accede tramite la rete Siss - e l’accesso, oltre che a medici e pediatri d’ospedale e di base, sarà aperto a guardie mediche, medici di strutture sociosanitarie e aziendali: è l’embrione del “cruscotto”, al quale un dottore, dopo aver isolato un paziente con sintomi Covid-compatibili e i suoi contatti familiari e lavorativi, deve trasmettere i loro dati e una serie d’informazioni e chiedere il tampone (il medico di base, il pediatra o la guardia medica all’Ats per un paziente che si trova a casa, l’ospedaliero per i ricoverati, quello di struttura per le Rsa e simili). "Il test diagnostico deve essere effettuato tempestivamente, nell’impossibilità" di farlo "in tempi rapidi il caso sospetto deve essere trattato come accertato, compreso l’isolamento dei contatti stretti", stabilisce il testo approvato dalla Regione.
Il tampone chi non è ricoverato e ha pochi sintomi lo farà in "specifici ambulatori, preferibilmente in modalità drive through"; quest’ultima modalità può prevedere "un’elevata esecuzione" di esami ("indicativamente" cento al giorno) "anche in collaborazione con la Protezione civile". In caso di necessità l’Ats manderà le Adi Covid, le Usca o équipe degli ospedali a prelevare il campione a casa. Le Ats sono al centro del flusso informativo; completano l’indagine epidemiologica, confermano gli isolamenti e ne dispongono eventualmente di nuovi, e segnalano o confermano l’esito del tampone (che al momento, si ricorda nella delibera, è l’unico strumento che può accertare il contagio), l’esistenza di un caso sospetto o di un contatto ai medici di base (che dovranno avviare la sorveglianza sanitaria), agli ospedali o Rsa se si tratta di pazienti od operatori, ai medici aziendali se è coinvolta una sede di lavoro, e agli ospedalieri eventuali informazioni utili per le cure. Le Ats possono anche chiedere aiuto ai Comuni per verificare che le abitazioni siano adeguate a chi deve restare isolato.
Quanto ai tamponi, indicati per i contatti che hanno sintomi e previsti anche per quelli che non li hanno "prima della conclusione della sorveglianza", il criterio fissato dal Ministero della Salute, richiamato nella delibera, è che vanno "riservati prioritariamente ai casi clinici sintomatici/paucisintomatici" e ai loro "contatti sintomatici" relativi alle 48 ore precedenti l’esordio della malattia". "In caso di necessità, ad esempio per accumularsi di campioni da analizzare con ritardi nella risposta, carenza di reagenti, (...), sovraccarico lavorativo del personale di laboratorio, scattano "i criteri di priorità raccomandati dall’Oms" (prima i ricoverati con polmonite grave o acuta, anche nelle strutture a lunga degenza, gli operatori sanitari, dei servizi essenziali se sintomatici o anche asintomatici delle Rsa, le persone già fragili e il primo sintomatico in una comunità chiusa).