ANDREA GIANNI
Cronaca

Fausto e Iaio, scomparsi gli 8 proiettili del duplice omicidio e il berretto di lana blu: impossibile riaprire il caso

Milano, reperti del delitto introvabili negli Uffici del Palazzo di Giustizia. I due giovani militanti del Leoncavallo Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli uccisi in un agguato il 18 marzo 1978. L’ex giudice Guido Salvini: “Ora una legge per conservare le prove”. Gli appelli delle famiglie e del sindaco Sala

Lorenzo "Iaio" Iannucci e Fausto Tinelli (Archivio)

Lorenzo "Iaio" Iannucci e Fausto Tinelli (Archivio)

Milano, 9 ottobre 2024 – La ricerca, negli uffici del Palazzo di giustizia di Milano dove vengono conservati i reperti, ha dato finora risultato “negativo”. Non sono stati trovati gli otto proiettili calibro 7.65 che furono esplosi da una Beretta 34, mentre ormai da tempo si sono perse le tracce del berretto di lana blu rinvenuto nel 1978 sul luogo del delitto, che probabilmente è andato distrutto.

Il murale dedicato a Fausto e Iaio in via Mancinelli, dove furono uccisi e uno dei tanti cortei organizzati a Milano nel 1978 per chiedere giustizia
Il murale dedicato a Fausto e Iaio in via Mancinelli, dove furono uccisi e uno dei tanti cortei organizzati a Milano nel 1978 per chiedere giustizia

L’agguato

Un esito che, a meno di colpi di scena, potrebbe rendere impossibile arrivare a una formale riapertura delle indagini sull’omicidio rimasto senza un colpevole di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, Fausto e Iaio, diciottenni caduti in un agguato il 18 marzo del 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo, ammazzati a colpi di pistola in un’Italia sotto choc per il rapimento del presidente della Dc Aldo Moro e la strage della sua scorta.

L’assenza di reperti, infatti, non consente di effettuare accertamenti tecnici, come consulenze balistiche e genetiche, in grado di offrire elementi nuovi rispetto alle piste già esplorate nel corso di decenni di indagini.

La Procura di Milano, anche a seguito delle istanze provenienti dal Consiglio comunale di Milano e dal sindaco Giuseppe Sala, lo scorso febbraio aveva aperto un fascicolo conoscitivo, affidato ai pm del Dipartimento antiterrorismo Francesca Crupi e Leonardo Lesti che, come primo passo, avevano avviato una ricognizione per censire i corpi di reato conservati.

Il punto

Per chiedere al gip di poter procedere con una riapertura effettiva delle indagini, infatti, servono elementi in grado di consentire – anche in linea teorica – di poter arrivare a nuovi sviluppi. Speranza che verrebbe spenta sul nascere proprio dall’assenza di reperti, su cui effettuare comparazioni e analisi sfruttando gli enormi passi avanti compiuti dalle tecniche investigative.

Il fratello

Lo stesso Bruno Tinelli, fratello di Fausto, aveva evidenziato la possibilità di “trovare i colpevoli” attraverso “nuove indagini scientifiche”, che però allo stato sarebbero impossibili. Non ci sono inoltre nuovi testimoni, o collaboratori di giustizia che hanno fornito elementi utili. Mancano, in sostanza, solide basi per poter procedere con nuove indagini. L’ultima inchiesta milanese era stata archiviata dall’allora gip Clementina Forleo nel dicembre del 2000.  La decisione di uccidere i leoncavallini Fausto e Iaio, aveva spiegato la giudice accogliendo la richiesta di archiviazione del pm Stefano Dambruoso, maturò nella “destra eversiva”. Sono emersi “significativi elementi a carico degli indagati” dell’epoca, che restavano però indizi senza diventare prove. Nel provvedimento la giudice aveva ripercorso i quasi 23 anni all’epoca di inchieste sull’uccisione in via Mancinelli e appariva perplessa per stranezze, come la scomparsa di quel berretto blu insanguinato trovato sul luogo del delitto e mai sottoposto ad accertamenti.

Il giudice e il criminologo

Guido Salvini, che si occupò dell’omicidio come giudice istruttore negli anni ’90, dopo l’apertura del fascicolo conoscitivo aveva proposto una perizia comparativa fra i proiettili del delitto milanese e quelli esplosi negli agguati simili avvenuti in quel periodo a Roma, che hanno colpito altri giovani militanti di sinistra. E ora lancia, con il criminologo Alberto Miatello, la proposta di una legge che preveda la conservazione obbligatoria dei reperti relativi a stragi e omicidi (sia comuni sia di mafia e terrorismo) in “locali separati e casseforti”, con modalità adeguate per impedirne il deterioramento e la nomina di due magistrati per ogni ufficio giudiziario “personalmente responsabili della custodia”. Una riforma nella gestione di reperti che, se conservati con cura, anche a distanza di decenni possono “continuare a parlare” e, grazie alla scienza, possono rivelarsi la chiave per risolvere cold case.