MARIO CONSANI
Cronaca

Fausto e Iaio, delitto senza una verità. Ma 45 anni dopo qualcosa finalmente si muove: “Ora riaprite il caso”

"Siete del Leoncavallo?", poi i colpi di pistola: 45 anni fa il duplice delitto, ma i colpevoli non furono mai trovati. La famiglia chiede nuove indagini: un impermeabile e i bossoli potrebbero dare le risposte

Un'immagine dei cortei per chiere giustizia su Fausto e Iaio

Un'immagine dei cortei per chiere giustizia su Fausto e Iaio

MIlano – Nuove prove non ci sono. Nessun pentito ha parlato, nessun killer ha confessato. Eppure a 45 anni da quel duplice delitto rimasto impunito, qualcosa si muove. «Riaprite le indagini sull’omicidio di Fausto e Iaio» chiedono i familiari dei due ragazzi. E tre settimane fa è stato il consiglio comunale all’unanimità a votare una mozione che impegna il sindaco Beppe Sala a sollecitare la Procura a riprendere a indagare su quei due giovani uccisi a pistolettate per strada in via Mancinelli, a Milano, la sera del 18 marzo 1978, con l’Italia sotto choc per il rapimento del presidente della Dc Aldo e la strage della sua scorta avvenuti solo due giorni prima. 

Oggi a Palazzo Marino il fratello di Fausto, Bruno Tinelli, e la sorella di “Iaio“ (Lorenzo), Maria Iannucci, insieme ai consiglieri comunali Rosario Pantaleo e Luca Bernardo, ripeteranno l’invito al sindaco. Ma su quali basi? «Con gli attuali strumenti tecnici, nuove indagini scientifiche potrebbero aiutarci a trovare i colpevoli», sostiene Tinelli. Tre giovani dell’estrema destra romana vennero indagati (il più noto, in seguito, è Massimo Carminati), ma c’erano solo indizi e il gip archiviò.

«Spuntarono fuori un impermeabile chiaro e un berretto forse indossati dai killer. Potrebbero essere analizzati di nuovo» spera il fratello di Fausto. Ma chissà se quei reperti ci sono ancora in qualche archivio, quasi mezzo secolo dopo. «Però proiettili e bossoli ci sono - dice Guido Salvini, giudice istruttore del caso a fine anni ’90 - potrebbero essere utili nuove indagini balistiche su diverse pistole sequestrate in quel periodo a Roma a esponenti dei Nar».  Già nel 2005, tramite il loro avvocato Gigi Mariani, le famiglie dei ragazzi uccisi chiesero la riapertura delle indagini dopo l’estradizione in Italia dell’ultimo latitante dei Nar, Pasquale Belsito, arrestato anni prima a Madrid. Il pm milanese Massimo Meroni andò a sentirlo in cella. Ma sull’omicidio di Fausto e Iaio, Belsito rimase in silenzio. Ma cosa accadde esattamente?

«Siete del Leoncavallo?» . Iaio guarda in faccia il suo assassino, poi otto colpi nel buio. La sera di quel 18 marzo ’78, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci (per tutti Iaio) tutti e due diciottenni, devono andare a cena come tutti i sabato a casa di Fausto, dove mamma Danila prepara il risotto. Alle 21 hanno un concerto di blues al centro sociale Leoncavallo per un concerto di blues, così poco prima delle otto escono da un locale e da piazza San Materno si incamminano lungo via Mancinelli. È all’altezza del portone di una scuola inglese che Fausto scorge delle ombre. In tre si avvicinano. Il più alto, con addosso un impermeabile chiaro, alza il braccio, ha una pistola nascosta in un sacchetto di plastica per non far cadere i bossoli. Il primo ad andare giù è Iaio, che si piega in due e finisce in una pozza di sangue. Muore subito, su quel marciapiede. Fausto sopravvive pochi minuti.

Sono passati 45 anni e di quel duplice omicidio rivendicato dall’estrema destra non si sono mai scoperti i responsabili, uno tra i pochi fatti di sangue dell’epoca rimasto nel buio. Eppure i due ragazzi muoiono in un’Italia sgomenta e sotto assedio perché due giorni prima le Br hanno rapito a Roma il presidente della Dc Aldo Moro massacrando i cinque uomini della sua scorta. Una strage che nel tempo ha fatto scolorire nella memoria tutto il resto. La rivendicazione dell’estrema destra romana, le indagini, gli indizi, i sospetti, ma nessuna soluzione. Chi indaga ha pochi dubbi che si tratti di un delitto a sfondo politico, ma nel corso degli anni né pentiti né dissociati dei Nar svelano il mistero.

Finiscono sotto indagine tre giovani romani legati a quegli ambienti. Elencati uno dopo l’altro - a partire da quello su un impermeabile bianco abbandonato in un bar sul quale forse non si indagò abbastanza - fanno una certa impressione i dubbi rimasti dopo l’archiviazione decisa nel 2000 dal giudice Clementina Forleo per i tre sospettati dell’omicidio, ragazzi dell’età di Fausto e Iaio ma con tutt’altra storia. Erano tre neofascisti romani legati ai Nar, in seguito processati e assolti per altri omicidi, sui quali gravavano "significativi elementi indiziari" secondo lo stesso giudice Forleo, anche se non sufficienti per un processo. Nomi poi ricomparsi sulle cronache come quello di Massimo Carminati, futuro protagonista dell’inchiesta su “Mafia Capitale”.

E Mario Corsi, quel “Marione” con un lontano passato burrascoso nei Nar ma da anni protagonista celebrato del tifo romanista con la sua radio giallorossa. Il terzo era Claudio Bracci, coinvolto nelle vicende legate all’eredità criminale lasciata a Roma dalla banda della Magliana. Per chi investigò sul caso non c’è dubbio che quello di Fausto e Iaio sia stato un omicidio politico ai danni di due ragazzi di sinistra scelti a caso. Ma davvero è possibile che quei tre killer spuntati dall’ombra abbiano agito da soli come kamikaze a due giorni dal rapimento Moro? Oppure li mandò qualcuno che in seguito li ha protetti?