Milano – Per dieci anni le acque sono state tranquille, fino a una protesta scoppiata a metà dicembre che coinvolge i dipendenti del colosso Feltrinelli, la catena di librerie in questi giorni prese d’assalto per i regali di Natale.
Le trattative per il rinnovo del contratto integrativo, dopo sei mesi, sono arrivate a un punto morto. E i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, con il coordinamento nazionale dei delegati di Feltrinelli Spa e di Finlibri Srl, hanno proclamato lo stato d’agitazione che riguarda oltre 1.200 dipendenti in Italia della società fondata nel 1949 a Milano. La decisione, spiegano i sindacati, è arrivata “dopo il no dell’azienda all’eliminazione del “salario di ingresso”, misura discriminatoria che penalizza i neoassunti, e a fronte di proposte contrattuali ritenute insufficienti”. Le principali criticità, elencate dalle tre sigle in una nota congiunta, riguardano l’incremento del buono pasto “troppo dilazionato nel tempo”, l’indennità domenicale “inadeguata e vincolata a criteri restrittivi”, l’esclusione dei neoassunti da indennità e premi per lunghi periodi.
“Le condizioni di miglior favore contenute nel contratto integrativo devono essere considerate un patrimonio comune – concludono i sindacati – di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori. Dopo anni di sacrifici in nome della sostenibilità aziendale, è giunto il momento di riconoscere equamente l’impegno di ciascuna e ciascuno”. Sono state organizzate quindi assemblee, nel periodo dell’anno clou per le vendite nelle librerie, nell’ambito di uno stato di agitazione che “proseguirà fino a una revisione delle posizioni aziendali con il blocco degli straordinari/supplementari, Il blocco del lavoro festivo e domenicale e l’interruzione di ogni forma di flessibilità”.
Una protesta che coinvolge i dipendenti di un’azienda che ha rimesso in ordine i conti, macina risultati positivi e prospettive di crescita per il futuro. Feltrinelli ha chiuso il 2023 con ricavi in crescita del 2,6% a 511 milioni di euro, con un margine operativo lordo di 25,1 milioni e un risultato operativo positivo per 2,1 milioni, contro un rosso di 2,5 milioni nel 2022. Il margine operativo lordo ricorrente è cresciuto del 7,8% a 26,4 milioni, mentre il risultato netto è stato negativo per 1,3 milioni, in miglioramento rispetto al precedente rosso di 4,7 milioni. Lo scorso aprile, presentando i risultati del 2023, l’amministratore delegato Alessandra Carra aveva espresso ottimismo per il 2024, “anno in cui puntiamo all’utile”.
Non è l’unica protesta che coinvolge catene di negozi al centro della corsa al regalo di Natale. Sabato scorso hanno scioperato i dipendenti della francese Decathlon, con presidio in largo Cairoli. “Il 75% dei lavoratori è part-time – lamentano – e le retribuzioni fra i 700 e gli 800 euro. Decathlon è un’azienda leader e ha la possibilità di riconoscere condizioni adeguate ai suoi lavoratori”. Uno sciopero nazionale particolarmente avvertito in Lombardia, dove la multinazionale francese ha oltre 30 negozi e 2.500 dipendenti.