Senago (Milano) – Alessandro Impagniatiello, il barman 30enne che ha ucciso Giulia, la sua compagna incinta di sette mesi, è in carcere e ha pensato anche al suicidio come unica dimostrazione di pentimento, stando alle parole del suo avvocato Sebastiano Sartori. Restano però alcuni punti da chiarire.
Gli investigatori sospettano che il killer, non particolarmente robusto, si sia servito di un aiutante per spostare il corpo di Giulia, che pesava circa settanta chili in gravidanza. E con il pancione era molto più ingombrante la ‘logistica’ degli spostamenti. Era da solo Alessandro quando dopo averla uccisa l’ha portata nel box e poi l’ha trascinata per altri 40 metri fino ad arrivare nella cantina?
Se qualcuno lo avesse aiutato non si tratterebbe di un ‘complice’, ma appunto di un ‘aiutante’ perché il complice dal punto di vista giuridico è quello che partecipa alla organizzazione del delitto, l’aiutante quello che dopo l’omicidio arriva solo per compiere una attività non propriamente di genesi ‘criminale’.
Le telecamere non riprenderebbero altri che il barman, ma sono al vaglio altri elementi che potrebbero costituire prove e fare chiarezza sull’intera dinamica. L’uomo ha riferito di aver portato il corpo nella vasca subito dopo l’assassinio e di averlo poi trascinato per le scale fino al garage attorno alle 23, provando in entrambi i casi a dargli fuoco; poi lo avrebbe portato in cantina alle 12.30 di lunedì e riportato nel box alle 7 di martedì, per infilarlo subito in auto e abbandonarlo dopo 19 ore e mezza in un’intercapedine di via Monte Rosa, a 700 metri da casa.