Milano, 17 ottobre 2024 – Quello che rischiava di diventare un cold case senza soluzione è stato risolto dagli investigatori della Squadra mobile. A cinque anni e mezzo dal tentato omicidio di Enzo Anghinelli, narcotrafficante oggi cinquantunenne sopravvissuto per miracolo a un agguato a colpi di pistola avvenuto la mattina del 12 aprile 2019, è arrivata la svolta.
All'alba di giovedì 17 ottobre, gli agenti guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal funzionario Domenico Balsamo hanno fermato a Sesto San Giovanni Daniele Cataldo, che secondo le indagini era alla guida della moto che si è affiancata all'auto della vittima a un incrocio semaforizzato. Il cinquantaduenne è un nome storico della curva Sud rossonera, precedenti per droga e rapina, luogotenente di Luca Lucci, il "Toro", capo indiscusso del secondo anello blu in carcere da dieci giorni dopo l'inchiesta che ha decapitato i direttivi del tifo organizzato rossonerazzurro.
Il raid
Anghinelli era stato ferito la mattina del 12 aprile 2019, quando due uomini in scooter avevano affiancato la sua Ford in via Cadore e avevano sparato contro di lui cinque colpi di pistola, uno dei quali lo aveva preso allo zigomo sinistro. Portato in ospedale, "Enzino" era rimasto in coma per diversi giorni, fino a quando si era svegliato, sopravvivendo così al secondo attentato nei suoi confronti. Già nel 1998, infatti, qualcuno aveva cercato di ammazzarlo in via Forlanini, sparandogli contro, ma anche in quell'occasione si era salvato, restando per tutta la vita con una pallottola vicino al cuore.
Il movente
Stando a quanto emerso dall'inchiesta coordinata dai pm Paolo Storari e Leonardo Lesti, dietro la decisione di "punire" Anghinelli ci sarebbero state le tensioni che in quei mesi vedevano protagonisti Lucci e i suoi fedelissimi contro i rivali del gruppo Black Devil di Domenico Vottari. Anche Lucci risulta indagato in concorso. Non ha partecipato all'azione, ma secondo gli inquirenti è coinvolto nella pianificazione dell'agguato.
Le confidenze alla moglie
Tra le prove a carico di Daniele Cataldo ci sono anche le confidenze fatte alla moglie, in cui lui le spiega che Enzo Anghinelli, sentito dagli investigatori, "mi ha accusato" per "quello che abbiamo fatto", ossia di essere stato l'autore con altri del suo tentato omicidio. Parole alle quali lei reagisce dicendo che prima o poi "vi farà arrestare tutti quanti".
Il recente raid
Nelle carte dell'inchiesta emerge anche una nuova aggressione ad Anghinelli avvenuta l'11 luglio scorso a Cologno Monzese e messa a segno "da alcuni componenti della curva Sud". Anghinelli entra nel negozio di tatuaggi, chiede due volte di Lucci, il quale lo invita ad andare via. Lui insiste, gli spiega di "essere in pace", ma vista la vecchia ruggine, c'è l'immediata reazione di Cataldo e Islam Hagag, noto anche come Alex Cologno e amico del rapper Fedez (non indagato). Una volta all'esterno, Cataldo avrebbe raggiunto Anghinelli, già con le stampelle per una frattura a un piede, e lo avrebbe colpito ripetutamente con dei pugni, alle spalle e alla testa, quindi si sarebbe avvicinato Hagag che lo avrebbe minacciato mentre era riverso a terra dicendogli "Sei un morto che cammina...", scattando, si legge nel decreto di fermo, "alcune fotografie alla targa della sua auto con il probabile intento di una successiva ritorsione".
Il passato da narcos
Il nome di Anghinelli era già noto negli ambienti criminali, visto che era stato arrestato nel 2007 e nel 2012 in un'operazione dei carabinieri che aveva sgominato un giro di droga destinata ai locali della movida e ai personaggi dello spettacolo. I militari lo avevano fermato nel 2007 mentre usciva da un autonoleggio di via Teodosio con due chili di cocaina purissima in macchina: lì gli investigatori avevano trovato in tutto 26 chili di droga, la maggior parte nascosta in una Mercedes color oro. Cinque anni dopo, Anghinelli era finito di nuovo dietro le sbarre, quando erano arrivate le ordinanze di custodia cautelare della stessa indagine, ribattezzata "White". Nel 2016, dopo una condanna a 11 anni, era tornato libero.
Anche Sandokan nel mirino
Dalle carte emerge anche che gli ultrà milanisti legati a Luca Lucci avrebbero cercato di sparare anche a Giancarlo Lombardi, detto "Sandokan", ex capo della curva sud. Lombardi, "acerrimo rivale di Luca Lucci per la gestione della Curva Sud", come si legge negli atti, sarebbe stato vittima, nella notte tra l'11 e il 12 gennaio scorso, di una "azione punitiva", richiesta da Luca Lucci, e portata avanti in una discoteca milanese dal fratello Francesco e altri ultrà, tra cui Cataldo. Lombardi sarebbe stato "salvato soltanto dall'intervento dei buttafuori", di cui si è "fatto scudo", e sarebbe scappato. E' stato, però, "inseguito" da Cataldo che, poi, ha "perso l'attimo favorevole per agire contro avendo perso un oggetto cadutogli sotto al sedile della sua auto" e "perso le tracce" di Lombardi.