JESSICA MULLER CASTAGLIUOLO
Cronaca

Festival dell’Ingegneria, la mobilità urbana del futuro: “Auto elettriche e autonome, così si riduce l’errore umano”

L’ultima giornata della kermesse del Politecnico dedicata alle visioni della metropoli che verrà. Il monito dell’architetto Ratti: “Quando le città non ci portano insieme, diventano ghetto”

Festival internazionale dell'Ingegneria (da sinistra il vicedirettore de Il Giorno Armando Stella, l'architetto e ingegnere e docente al Politecnico di Milano Carlo Ratti; l'architetto e docente al Politecnico di Milano Cino Zucchi)

Da sinistra il vicedirettore de Il Giorno Armando Stella; i docenti del Politecnico di Milano Carlo Ratti e Cino Zucchi; il Direttore Ingegneria e Infrastrutture ATM Pietro Antonacci

Milano, 15 settembre 2024  – Al Campus Bovisa del Politecnico di Milano si è chiuso il Festival Internazionale dell’Ingegneria. Una festa del futuro, che ha radunato un popolo di appassionati e curiosi di tutte le età. Dai bambini che hanno partecipato ai laboratori, agli adulti che hanno scoperto nuove prospettive intorno al rapporto, tutt’altro che lineare, tra uomo e tecnologia. Sullo sfondo, Milano e la possibilità che la bolla di innovazione del campus sia destinata ad esplodere per cambiare la realtà che ci circonda.

Immaginare la città del futuro. L’utopia nella quale si riversano desideri e possibilità del vivere insieme. Una tendenza sembra intanto inarrestabile: la maggior parte della popolazione si concentrerà nelle città. Basti pensare che già nel 2007, per la prima volta, la popolazione mondiale che vive in aree urbane ha superato quella che vive in aree rurali.  «Da quando l’uomo da cacciatore e nomade è diventato coltivatore, ventimila anni fa circa, è nato il trasporto, una spinta tecnologica che ha consentito alla società di crescere», spiega Gianpiero Mastino, docente di progettazione di veicoli stradali e fuoristrada al Politecnico di Milano.

La mobilità. Da qui si può iniziare ad abbozzare la città che sarà. «Per la mobilità urbana ci saranno vetture più piccole, che possono trasportare una sola persona, una via di mezzo tra una moto e un’auto», prevede Mastino, che chiosa: «L’auto del futuro sarà elettrica e autonoma». Franco Cimatti, progettista di automobili per Ferrari, Lotus e Aehra, sogna che possa ripetersi la storia italiana di sessant’anni fa e che l’auto elettrica possa essere accessibile a tutte le famiglie: «Nella storia dell’auto ci sono state importanti evoluzioni, e quando ci sono delle innovazioni, più sono dirompenti, più si oscilla tra entusiasmo e delusione. Sulle vetture elettriche il salto tecnologico è stato molto grande».

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Festival Internazionale dell'Ingegneria

E sulla guida autonoma? Benedetto Carambia, responsabile ricerca e sviluppo della società Movyon, del Gruppo Autostrade per l’Italia, spiega: «Il 90 per cento degli incidenti stradali sono provocati da errori di distrazione umana. Con la guida autonoma l’errore si riduce. Aumentano quindi sicurezza e accessibilità, ma bisogna poi garantire che quella tecnologia sia sempre disponibile». Riallacciamo il filo. Nelle città del futuro ci si potrebbe spostare, singolarmente, in autovetture più piccole e sostenibili, persino autonome.

E quando ci si muove insieme? Dietro Antonacci, direttore ingegneria e infrastrutture di Atm afferma: «Il muoversi insieme ci rende più liberi di quanto potremmo fare da soli. Spostiamo già oggi due milioni di persone al giorno. Sono piccole città che partecipano alla vita della città. Il trasporto inizia a diventare anche lo strumento che fa cambiare la città, per questo progettare la nuova città parte anche dal presupposto di pensare come si sposteranno le persone».

Cino Zucchi, architetto e docente al Politecnico di Milano, mostra allora le futurologie di ieri, rappresentazioni nelle quali già si intravedeva «il sogno del trasporto pubblico sempre più efficace, come l’autobus che va sopra all’ingorgo del traffico, e l’idea dell’indipendenza totale, come l’elicottero individuale. La storia è un insieme di imitazioni. Viviamo le nostre città antiche come un grande salotto di pietra, con una dolcezza che ci avvolge. Ma nella città contemporanea prevale il funzionalismo. C’è un adattamento continuo tra vite e spazio».

Stratificazioni che somigliano ai tempi e agli uomini. «Il sogno della città è portarci insieme. Fare insieme quello che non facciamo da soli. Quando le città non ci portano insieme, diventano però ghetto. Nel secolo scorso l’urbanistica ha fatto degli errori perché si pensava che l’architetto avesse tutte le soluzioni, ma la natura è un progettista migliore di noi», conclude Carlo Ratti, architetto e ingegnere e docente al Politecnico di Milano. Insomma, tra utopia e distopia, si intuisce, che nella città del futuro l’ardito si associa al bello.