
Filippo Carobbio 45 anni ex calciatore professionista con 36 presenze in serie A e oggi allenatore
Milano, 12 aprile 2025 – “Ragazzi che giocate a calcio, non scherzate col fuoco e lasciate stare le scommesse. Ve lo dice uno che ha pagato certi errori, ben più gravi, sulla propria pelle”. Filippo Carobbio da Alzano Lombardo, 45 anni, ha sbagliato in passato. Ha pianto. Ma ha avuto il coraggio di ripartire guardando negli occhi i suoi figli, raccontando perché all’alba del 19 dicembre del 2011 fu prelevato dalle forze dell’ordine e portato in carcere nell’ambito dell’inchiesta Last Bet sul calcioscommesse delle Procure di Cremona e Bari. Ha pagato e si è pentito l’ex calciatore professionista (36 presenze in A) che da qualche anno ha ricominciato la sua seconda vita sportiva da allenatore: una squadra di ragazzi disabili prima, formazioni giovanili poi, quindi i Dilettanti, visto che guida con successo la Folgore Caratese in serie D.
Avrà sentito degli sviluppi dell’inchiesta per scommesse sportive e poker su alcune piattaforme illegali, con tanti calciatori coinvolti...
“Non ne so tantissimo. Ma non mi sorprendo, perché ciclicamente il problema si ripropone. Non voglio dare giudizi, la questione è diversa rispetto alla mia, io ho fatto qualcosa di più grave. Ma tutti devono aver più conoscenza della materia”.
Come evitare di cadere nella trappola dei guadagni facili?
“Le scommesse illegali nel calcio sono una piaga diffusa, a livelli inimmaginabili. E va combattuta dal basso, formando e informando i giovani, rendendoli consapevoli dei rischi. Bisogna andare nelle società per parlare del fenomeno e far capire ai ragazzi quanto sia pericoloso farsi coinvolgere e quanto sia difficile poi uscire da questo tipo di vizi che possono diventare problemi più grandi. Il fatto che siano coinvolti giocatori come Fagioli e Tonali induce a riflettere, succede quando circolano tanti soldi”.
Si potrebbe fare di più?
“Diciamo che dopo il 2011 c’è stato un gran lavoro dal punto di vista mediatico, si andava nei ritiri delle squadre, dalla serie A alla C. Credo che oggi questo tipo d’informazione abbia subìto un rallentamento, mentre sarebbe opportuno insistere soprattutto con i più giovani. Mi è capitato di andare nelle scuole, chi meglio di me può suggerire cosa fare per non ripetere certi errori. E i ragazzi ascoltavano”.
Ai giovani quali concetti ripete?
“Bisogna stare sempre attenti e non sottovalutare nulla. Il confine tra una leggerezza e una cosa molto più grave è sottile. Dicevo sempre ai ragazzi della mia accademia che non vale la pena commettere certi errori perché le conseguenze sono sempre pesanti e irrimediabili. Il pericolo è dietro l’angolo, fondamentale stare con le persone giuste e ascoltarle, pronti a fare un passo indietro quando ci si trova al momento sbagliato nel posto sbagliato. Io ho subìto conseguenze pesanti ma per fortuna il percorso successivo è stato importante e il pentimento sincero. Ho pagato sulla mia pelle e dopo 13 anni pago ancora perché vorrei allenare tra i professionisti ma non so se avrò questa possibilità”.
Cosa le resta di quei nove giorni passati dietro le sbarre?
“Il rimorso per l’errore commesso e il senso di smarrimento, la paura per la lontananza dagli affetti. Sapevo di aver sbagliato, pensavo però fosse solo una cazzata. Ma quando ho passato il Natale 2011 in carcere ho capito la gravità del mio sbaglio. La linea è sottile, come quando usi il cellulare mentre guidi: se non succede niente hai fatto uno stupidata, se investi una persona e la uccidi diventa un omicidio”.
Ora cammina a testa alta.
“I miei figli dovranno essere orgogliosi di me per quello che ho fatto dopo l’arresto, anche se prima ho sbagliato. Se non avessi confessato, coinvolgendo altri colleghi, non sarei stato considerato un “infame“”.
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